Droga e adolescenti: prevederne l’utilizzo con la risonanza magnetica

Sapere con largo anticipo se un ragazzo comincerà ad assumere droghe, presto sarà semplice. Non si tratta di prevedere il futuro con qualche artificio, ma di utilizzare la tecnologia, e neanche quella troppo nuova. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford, il cui studio è stato pubblicato su Nature Communications, ha utilizzato la risonanza magnetica per studiare le connessioni e l’attività cerebrale dei ragazzi.

Lo studio
L’idea di base è che i ragazzi che prendono droghe siano impulsivi, poco coscienziosi, intelligenti e forse meno impegnati.
I ricercatori sono partiti studiando 144 adolescenti europei che avevano avuto risultati alti ad un test che valuta la ricerca della novità, un tratto della personalità che può indicare chi è a rischio di abuso di alcol o droga. La ricerca di novità in sé non è un male, ma gli psicologi sanno che chi ha punteggi alti in questo test ha maggiori probabilità di abusare delle droghe. Per verificarlo li hanno sottoposti ad test che valuta l’attivazione dei centri cerebrali della ricompensa.

I ragazzi, durante la risonanza magnetica, dovevano giocare ad un videogame a punti, che potevano convertire in soldi. All’inizio di ogni partita, sapevano quanti punti dovevano totalizzare per avere il premio. Un’informazione sufficiente ad attivare i centri cerebrali della ricompensa. Hanno così visto che la risposta di queste aree del cervello era minore negli adolescenti che usavano droghe. Il che significa che o le droghe sopprimono questa attività, o che una minore attività di queste aree del cervello spinge i giovani verso la droga.

Per verificare quest’ultima ipotesi, i ricercatori hanno ripreso i dati di un precedente studio fatto in Europa su 1.000 ragazzi di 14 anni, monitorati per 2 anni, per vedere chi nel frattempo aveva abusato di droga, o alcol e che avevano fatto il test sulla ricompensa. Così hanno scoperto che erano riusciti a prevedere correttamente il futuro abuso di droga nei due terzi dei casi, sulla base di come il loro cervello aveva risposto all’anticipo della ricompensa. ”Dobbiamo approfondire, ma speriamo che questo tipo di test possa aiutare a individuare i ragazzi vulnerabili, prima che il problema si manifesti”, commenta Brian Knutson, coordinatore dello studio.

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