Dopo infarto al miocardio, rischi simili per donne e uomini

(Reuters Health) – Le ben note differenze tra uomini e donne nel rischio di malattie cardiovascolari e mortalità per tutte le cause si attenuano notevolmente tra coloro che sopravvivono a un infarto miocardico.

“Le donne hanno un vantaggio biologico sugli uomini in termini di cardiopatia: ne soffrono meno frequentemente e a un’età più avanzata”, osserva Mark Woodward dell’Imperial College London. “Questo studio mostra che negli USA il vantaggio naturale è notevolmente ridotto nelle persone che sopravvivono a un infarto del miocardio: i tassi di infarto miocardico ricorrente sono molto più simili tra i sessi”.

Lo studio
Woodward e colleghi hanno esaminato i dati delle assicurazioni sanitarie statunitensi dal 2015 al 2016 individuando oltre 171.000 donne e quasi 168.000 uomini ricoverati per infarto del miocardio (MI).

Questi pazienti sono stati appaiati per frequenza in base a età e anno solare a oltre 1,3 milioni di soggetti senza malattia delle arterie coronarie (CHD).

Durante il follow up- durato fino al 2017 – si sono verificati 21.052 eventi di CHD nella coorte di controllo (38% nelle donne) e 40.878 eventi di CHD ricorrente nella coorte con MI (46% nelle donne).

I tassi standardizzati per età di MI su 1.000 persone-anno erano pari a 4,5 nelle donne e 5,7 negli uomini senza CHD (hazard ratio, 0,64; intervallo di confidenza al 95%, da 0,62 a 0,67).

Per i soggetti con MI, i tassi corrispondevano rispettivamente a 60,2 e 59,8 (HR, 0,94; IC 95%, da 0,92 a 0,96).
I tassi di CHD nelle donne rispetto agli uomini erano di 6,3 versus 10,7 nelle persone senza una CHD nell’anamnesi e di 84,5 versus 99,3 in quelle con MI. L’hazard ratio donne-uomini per mortalità per tutte le cause era di 0,72 nei soggetti senza CHD e 0,90 nelle controparti con MI nell’anamnesi.

La maggiore somiglianza nei tassi tra i sessi dopo un MI, ha concluso il Dott. Woodward, “potrebbe essere spiegata dal tradizionale ‘modello maschile’ per gli infarti del miocardio, al punto che il trattamento potrebbe essere ritardato o essere meno completo nelle donne”.

Fonte: Journal of the American College of Cardiology
David Douglas
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

 

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