Donne giovani e tumore al seno: patologia, trattamenti e aspetti psicologici

Nelle giovani donne, una diagnosi di tumore al seno comporta sfide e difficoltà. Il tumore in genere è più aggressivo, e la chirurgia e i trattamenti devono tener conto di aspetti legati alla fertilità e alla sessualità. Come gestire al meglio queste pazienti? Ne abbiamo parlato con il professor Matteo Lambertini, del dipartimento di Oncologia medica del policlinico San Martino Hospital, a Genova, e con la professoressa Lucia Del Mastro, Direttrice dell’UO Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino.

Qual è l’incidenza del cancro al seno nelle donne più giovani, al di sotto dei 40 anni?

Lambertini: Il tumore al seno è il tumore più frequente nelle pazienti giovani. Nel 2017 è stato pubblicato uno studio su Lancet Oncology che mostra come, nelle donne, il tumore alla mammella sia il tumore più frequente, praticamente in ogni Paese del mondo. Rappresenta un terzo di tutti i tumori che vengono diagnosticati nelle pazienti sotto i 40 anni.

Ci sono Paesi in cui il problema è più importante, come in Corea, ma in generale nel sud est asiatico dove il 20-30 % dei tumori alla mammella vengono diagnosticati a donne con meno di 40 anni.

Del Mastro: In Italia, ogni anno, vengono diagnosticati circa 53.000 casi di tumore alla mammella. Di questi il 6%, quindi circa 3.200 casi, riguarda donne giovani, di 40 anni o meno.

Quali sono le caratteristiche cliniche e biologiche dei tumori alla mammella nelle pazienti giovani?

Lambertini: Le donne al di sotto dei 40 anni non accedono allo screening, per cui tendenzialmente la diagnosi avviene quando il tumore è ad uno stadio più avanzato rispetto alle pazienti meno giovani. Da un punto di vista biologico, aumenta il rischio di tumori progressivi, quindi triplo negativi HER-2 positivi. Se la diagnosi avviene prima dei 40 anni, poi, bisogna valutare se si tratta di un tumore ereditario, in particolare se la neoplasia è legata ad una mutazione di BRCA (1 o 2), che è la mutazione è più frequente in questa categoria di pazienti (presente nel 15% delle giovani donne con tumore al seno).

Del Mastro: Quindi i tumori più frequenti in queste donne sono quelli più aggressivi.

Qual è la prognosi in questi casi?

Lambertini: Esistono dei lavori che suggeriscono che una diagnosi in giovane età sia un fattore prognostico negativo. Indipendentemente dallo stadio, dal tipo di tumore e dai trattamenti. Questo avviene in particolare per i tumori luminali, con espressione dei recettori ormonali. In ogni caso, la prognosi per questi tumori resta molto positiva, per tutte le pazienti.

Le terapie cambiano in base all’età della paziente? Ci sono dei trattamenti più o meno consigliati nelle donne giovani?

Lambertini: Secondo le linee guida, l’età non deve essere un motivo per trattare la paziente con terapie più aggressive. Fino a pochi mesi fa questo concetto non era del tutto chiaro e tendenzialmente l’oncologo trattava in modo più aggressivo la paziente giovane. In realtà la scelta deve essere guidata da parametri clinici e di laboratorio. I trattamenti sono gli stessi indipendentemente dall’età, anche se alcuni farmaci sono tollerati meglio dalle giovani donne. Ciò che cambia è il trattamento ormonale adiuvante.

Del Mastro: I trattamenti ormonali differiscono in quanto nella donna giovane spesso è
necessario aggiungere al trattamento ormonale per bocca, una terapia che prende il nome di soppressione ovarica, che manda i pazienti in menopausa farmacologica per almeno 5 anni dopo la diagnosi. Nelle donne in post-menopausa non è necessario.

Un aspetto di fondamentale importanza per le donne giovani affette da cancro alla mammella è la possibilità di avere figli e di poter allattare. Quali sono i rischi e le raccomandazioni in questo senso?

Lambertini: Tra gli effetti collaterali dei trattamenti ci sono anche la disfunzione ovarica precoce, o la menopausa precoce, che portano a infertilità. Questi aspetti vanno considerati e discussi con le pazienti più giovani per valutare la possibilità di ricorrere a tecniche di preservazione della fertilità, che vanno fatte prima di iniziare un qualunque trattamento sistemico. Gli studi dimostrano che le in seguito a trattamenti corretti e dopo un un periodo di follow-up adeguato al termine delle terapie, per le pazienti portare avanti una gravidanza è sicuro, non comporta il rischio di recidive.

Del Mastro: Non ci sono controindicazioni neanche per quanto riguarda l’allattamento.
Le donne sottoposte ad intervento conservativo mammario seguito da radioterapia in genere possono allattare solo dalla mammella non operata poiché spesso il trattamento radiante determina una perdita della funzione della ghiandola mammaria in termini di possibilità di allattamento.

Da un punto di vista psicologico le accortezze che devono essere prese per un’eventuale futura gravidanza, le possibili disfunzioni al livello sessuale e difficoltà in ambito lavorativo possono avere un impatto particolarmente rilevante in queste pazienti…

Lambertini: è vero. Quando le pazienti sono giovani bisogna discutere molto rapidamente (al momento della diagnosi), di tematiche delicate. Bisogna affrontare subito la questione della fertilità, perché, come dicevamo, le tecniche di preservazione della fertilità devono iniziare prima dei trattamenti. Bisogna parlare di effetti collaterali, fertilità, menopausa precoce. La soppressione ovarica, poi, per quanto molto efficace, è un trattamento molto tossico, con implicazioni importanti da un punto di vista psicologico. Gli estrogeni svolgono un ruolo nel sistema nervoso centrale, quindi c’è anche il rischio di un aumento di depressione e ansia. Infine si possono verificare disturbi della sfera sessuale. La cosa fondamentale da fare è gestire questi aspetti in maniera attiva e discuterne con le pazienti ad ogni visita. Anche degli aspetti che riguardano la sfera sessuale, di cui in genere la paziente non parla con l’oncologo. Nel nostro istituto disponiamo anche di un servizio di psicologia clinica dedicato a questa categoria di pazienti.

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