Diabete tipo 2: l’insulina fa paura a un paziente su tre

Insulina, parola tabù. Quando il medico propone al paziente di iniziare una terapia con questo ormone, riceve molto spesso un diniego. Quasi un terzo degli adulti con diabete di tipo 2 ritarda di molto l’inizio della terapia con insulina, nonostante l’indicazione del medico. Lo afferma uno studio pubblicato da Diabetes Medicine. I ricercatori del Brigham and Women’s Hospital e della Harvard Medical School di Boston hanno analizzato le cartelle elettroniche dell’ospedale tra il 2000 e il 2014. Dei quasi 3300 pazienti esaminati circa il 30% ha rifiutato l’indicazione del medico di iniziare l’insulina, aspettando in media due anni, periodo in cui i valori della glicemia si erano alzati notevolmente. “Il fenomeno è ben noto, e si applica anche da noi – spiega Enzo Bonora direttore della Endocrinologia e Diabetologia della Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona – Giusto ieri in ambulatorio ho avuto un paziente che ha rifiutato l’insulina. Questa terapia non è amata dal paziente per diversi motivi: le iniezioni quotidiane non sono bene accette, inoltre aumenta il numero di volte in cui si controlla la glicemia pungendosi il dito, altra operazione sgradita. Inoltre aumenta il rischio di ipoglicemia. Questa e la realtà, a cui si aggiunge una leggenda metropolitana, che vuole che l’inizio dell’insulina segni il passaggio ad una gravità maggiore della malattia, che si concretizza con complicanze più severe. La gente si mette sulla difensiva perché pensa che l’insulina sia la causa delle complicanze, non un modo per prevenirle”.

In Italia i diabetici sono 4 milioni, ricorda Bonora, di cui 3,5 milioni curati con farmaci, il 25% dei quali con insulina. “Ogni anno questa terapia viene offerta ad alcune decine di migliaia di pazienti, ma abbiamo anche molte alternative con nuovi farmaci che ne allontanano l’uso – ricorda l’esperto -.In Italia tutti i pazienti con malattia avanzata sono seguiti dalle diabetologie, non dal medico di base come in altri paesi. Questo permette di instaurare un i rapporto che rende più agevole far accettare la terapia insulinica, che comunque in prima battuta viene rifiutata da anche più di un terzo dei pazienti”

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