
Lo studio
I ricercatori americani hanno esaminato un gruppo di anziani residenti nella città costiera di Iwanuma, a circa 80 chilometri a est dall’epicentro del terremoto giapponese. Sette mesi prima del disastro, gli anziani avevano partecipato a uno studio, il Japan Gerontological Evaluatio Study (JAGES). Due anni e mezzo dopo lo tsunami, Hikichi e colleghi hanno condotto un follow-up tra queste persone. Complessivamente, il 38% dei partecipanti aveva perso parenti e amici e circa il 59% aveva riportato danni dopo il disastro. Prima dell’evento catastrofico, circa il 4% di questi adulti aveva manifestato qualche sintomo di demenza. Mentre a distanza di due anni e mezzo dallo tsunami, la percentuale era cresciuta fino al 12%. Inoltre, anche l’ictus sarebbe diventato più frequente, con un 3% di frequenza prima del disastro e un 7% dopo l’evento. Allo stesso tempo, è raddoppiata la percentuale di persone che ha riportato di non aver avuto contatto con i vicini, passando da 1,5 prima dello tsunami a 2,9 dopo. E le persone che erano state ospitate in alloggi temporanei dopo che le loro case erano state distrutte o danneggiate avevano subito i più alti livelli di declino cognitivo, con un calo maggiore tra chi aveva subito più danni alle abitazioni. Insomma, sembra che il calo nelle interazioni sociali con amici e vicini di casa abbia influenzato le probabilità di insorgenza di demenza o di declino cognitivo dopo il disastro, mentre lo stesso non è stato dimostrato per la perdita di familiari e amici.
I commenti
“In seguito a un evento catastrofico, ci si concentra di più su problemi di salute mentale come il disturbo da stress post-traumatico – ha dichiarato Hikichi – ma il nostro studio suggerisce che anche il declino cognitivo è una questione importante. Sembra che la ricollocazione temporanea dopo un disastro, con il conseguente allontanamento dalle case e dai vicini, possa accelerare il declino cognitivo tra persone vulnerabili”, ha sottolineato il ricercatore americano.2 Il collegamento tra stress e demenza è ben noto ed è plausibile che danni alle case e trasferimento dopo un disastro possano essere una causa di stress”, ha sottolineato Richard Lipton, ricercatore nel campo dell’invecchiamento e della neurologia all’Albert Einstein College of Medicine and Montefiore Medical Center di New York. “Lo stress potrebbe portare quindi a picchi di cortisolo, l’ormone dello stress, e all’attivazione del sistema nervoso simpatico, aumentando potenzialmente il declino della memoria e il rischio di demenza” ha sottolineato Lipton, che non era coinvolto nello studio. “In base a questa ipotesi, si potrebbe prevedere che la gestione dello stress, la meditazione, il sostegno sociale e altri interventi potrebbero ridurre gli impatti di eventi catastrofici sulle funzioni cerebrali”.
Fonte: PNAS 2016
Lisa Rapaport
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
