Covid-19: le sperimentazioni cliniche autorizzate da Aifa per tocilizumab e remdesivir

La sperimentazione per le nuove cure anti Covid-19 potrà beneficiare di una corsia preferenziale. A stabilirlo è il decreto “Cura Italia” varato il 17 marzo dal Governo. In breve, i protocolli di studio verranno valutati dalla Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), che dà informazioni al Comitato tecnico scientifico dell’Unità di crisi del Dipartimento della protezione civile, e al Comitato etico dell’Istituto Spallanzani di Roma che diventa, per la durata dell’emergenza sanitaria, Comitato etico unico nazionale.

Il “Comitato etico unico nazionale – si legge – acquisisce tutte le proposte di sperimentazione sui medicinali di fase II, III e IV, per la cura dei pazienti con Covid-19, nonché le richieste di uso compassionevole degli stessi farmaci, esprimendo un parere unico valevole su tutto il territorio nazionale da comunicare ai comitati etici territoriali competenti per le singole strutture, erogatrici delle prestazioni sanitarie interessate”. Ai fini dell’espressione del parere, il Comitato si avvale della valutazione della Commissione tecnico scientifica dell’Aifa che, entro 10 giorni, dovrà pubblicare sul proprio sito il parere del Comitato.

La decisione presa dall’Aifa di autorizzare lo studio Tocivid-19 per valutare l’efficacia e la sicurezza del farmaco anti-artrite di Roche, tocilizumab e, ancora prima di questa, quella di acconsentire alla partecipazione dell’Italia a due studi di fase 3 promossi da Gilead Sciences per valutare l’efficacia e la sicurezza della molecola sperimentale remdesivir negli adulti ricoverati con Covid-19, sono andate nella giusta direzione.

Lo studio Tocivid-19
Lo studio, autorizzato da Aifa il 17 marzo, valuterà su 330 pazienti in situazione di non eccessiva gravità (intubati da non più di 24 ore, ha sottolineato il DG di Aifa Nicola Magrini) l’efficacia e la sicurezza del tocilizumab nel trattamento della polmonite in corso di Covid-19 già usato da diverse centinaia di pazienti e concesso in maniera gratuita dalla Roche che lo produce. Lo studio è promosso dall’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Napoli con l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e l’IRCCS di Reggio Emilia, e con la Commissione Tecnico Scientifica di Aifa ed è frutto di una stretta collaborazione tra diverse istituzioni pubbliche per valutare l’impatto di questo farmaco che ha recentemente ricevuto segnalazioni di possibili benefici nei malati di coronavirus.

Gli specialisti hanno avviato la sperimentazione con tocilizumab osservando quanto fatto dai colleghi cinesi nelle scorse settimane. La National Health Commission ha infatti inserito nelle linee guida per il trattamento dell’infezione la possibilità di ricorrere al farmaco in presenza di un diffuso danno polmonare e di elevati livelli di interleuchina-6. Quest’ultima è una citochina, ovvero una molecola segnale che in questo caso, potenziando la risposta immunitaria, aumenta però le complicanze respiratorie. E, nei pazienti affetti da COVID-19, può causare l’insufficienza di uno o più organi, fino alla morte. In Cina, di fronte a pazienti che presentavano analoghe condizioni, i medici hanno provveduto alla somministrazione di questo farmaco che agisce facendo abbassare i livelli dell’interleuchina-6.

Due gli obiettivi della sperimentazione sottolineati in una nota dell’Agenzia del farmaco: produrre dati scientificamente validi sul trattamento; consentire che l’uso attualmente già diffuso possa avviare un nuovo percorso che consenta di tracciare tutti i trattamenti e valutarne in maniera sistematica l’impatto terapeutico.

Sono previsti due gruppi di pazienti, ma il trattamento sarà uguale per tutti. Il primo gruppo (studio di fase 2) verificherà una ipotesi di riduzione della mortalità a un mese. Saranno trattati 330 pazienti ricoverati per polmonite da COVID-19 che mostrino i primi segni di insufficienza respiratoria o che siano stati intubati entro le ultime 24 ore. Il secondo gruppo (raccolta dati o studio osservazionale) è stato concepito con l’obiettivo di migliorare le modalità di gestione dell’ emergenza in corso e includerà i pazienti già intubati da oltre 24 ore e i pazienti che siano già stati trattati prima della registrazione sia intubati che non intubati. Il numero di questi pazienti non è definito a priori poiché la numerosità deriverà dalla valutazione dei risultati della fase 2 e dall’andamento della pandemia.

Allo studio potranno partecipare tutti i centri clinici che ne faranno domanda e verrà gestito dalla piattaforma web del promotore (l’Istituto Pascale di Napoli) che da anni viene utilizzata presso l’Unità Sperimentazioni Cliniche per la conduzione di studi clinici internazionali in oncologia. La ricerca sarà strettamente monitorata da un comitato di clinici e metodologi indipendenti che potranno verificare l’andamento dei risultati e valutarne la rilevanza.

Remdesivir contro Covid-19
E’ del 12 marzo, invece, la notizia che l’Italia parteciperà a due studi di fase III promossi da Gilead Sciences per valutare l’efficacia e la sicurezza del farmaco antivirale remdesivir negli adulti ricoverati con diagnosi di Covid-19. A renderlo noto erano state congiuntamente casa farmaceutica e Agenzia del farmaco.

Gli studi saranno inizialmente condotti presso l’Ospedale Sacco di Milano, il Policlinico di Pavia, l’Azienda Ospedaliera di Padova, l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma e l’Istituto Nazionale di Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani. Si stanno identificando in collaborazione con Aifa altri centri in Regioni con alta incidenza dell’infezione da coronavirus per l’inclusione.

Remdesivir, farmaco creato per il trattamento dell’Ebola, non è ancora approvato dalle autorità regolatorie per uso terapeutico e viene fornito per uso compassionevole – al di fuori degli studi clinici – per il trattamento in emergenza di singoli pazienti affetti da Covid-19 in gravi condizioni e senza valide alternative terapeutiche.

Nei pazienti con Covid-19 non è facile poter determinare il grado di efficacia di questo farmaco in contesto di uso compassionevole e quindi sarà estremamente importante disporre dei dati dei protocolli di sperimentazione clinica. In modo particolare, questi due protocolli potranno vedere in due bracci, con diversa durata di terapia, l’efficacia del farmaco in pazienti con polmonite da coronavirus associata a compromissione della funzionalità respiratoria, e in pazienti con polmonite da coronavirus non ancora associata ad una alterazione della saturazione di ossigeno rilevante.

Questa possibilità consentirà di poter determinare con ragionevole sicurezza la validità dell’approccio terapeutico anche nei pazienti con minor compromissione in relazione a quello che si può definire lo standard of care e cioè le altre opzioni terapeutiche attualmente in uso.

Intanto, è di ieri, 18 marzo, la notizia di un paziente di 79 anni guarito dal Covid-19 dopo trattamento con remdesivir. Il paziente era ricoverato presso l’Ospedale San Martino di Genova ed è risultato negativo a due test consecutivi.

 

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