Coronavirus: i dubbi ancora non sciolti di un’epidemia che ha superato i 1.000 morti in Cina

In un momento in cui le vittime da 2019-nCov superano quelle della Sars, attestandosi sopra i 1.000 morti in Cina, la comunità scientifica è costantemente al lavoro per fugare nuovi dubbi su periodo di incubazione e sulla capacità del virus di mantenere intatte le proprie proprietà di contagio sugli oggetti.

Tempi di incubazione
Secondo uno studio, che deve però ancora passare la revisione scientifica, condotto da Zhong Nanshan, il medico cinese che scoprì la Sars (Severe acute respiratory syndrome), il tempo di incubazione potrebbe arrivare a 24 giorni, ben 10 in più rispetto alle stime attuali. Il dato rimane ipotetico, ma certamente insinua dubbi anche sulla gestione della quarantena dei sospetti infetti.

Nove giorni sugli oggetti
Un articolo del Journal of Hospital Infection, sostiene che il nuovo coronavirus possa rimanere “attivo” sulla superficie degli oggetti, a temperatura ambiente, e conservare quindi tutte le proprietà di contagio, fino a nove giorni. Lo studio, condotto dai ricercatori dell’università tedesca di Greifswarld, si basa sul confronto del comportamento dei due “parenti stretti” del 2019-nCov: il coronavirus della Sars, che causò l’epidemia del 2002-2003, e del coronavisur della Mers (Middle east respiratory syndrome) responsabile dell’epidemia del 2015. Detergenti a base di alcool o a base di cloro all’1%, sono però in grado di debellare il virus. A sottolinearlo è l’Istituto superiore di sanità (Iss) che, sul proprio sito, fornisce una serie di indicazioni su come comportarsi. Pur ricordando che la trasmissione principale di contagio rimangono le vie aeree, e non il contatto con gli oggetti, i disinfettanti a base di alcool sono efficaci nel 75% dei casi come anche la candeggina (cloro all’1%). E’ da osservare anche una corretta igiene delle mani, lavandole spesso e per almeno 20 secondi. Se non sono disponibile acqua e sapone, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani con almeno il 60% di alcol. Il virus, poi, entra nel corpo attraverso gli occhi, il naso e la bocca, quindi evitare di toccarli con le mani non lavate.

Efficacia dei test
Il test Nat (Nucleic acid test), uno dei test per la diagnosi più diffusi in Cina per la ricerca del materiale genetico del virus, darebbe troppi falsi negativi. A rivelarlo è il direttore dell’Accademia cinese delle scienze mediche, Wang Chen. Il problema non riguarda però l’Italia, dove per i test si esegue sempre una procedura di controllo basata sul confronto con la sequenza sintetica del genoma del virus messa a punto nell’Università di Padova, ha rilevato uno dei ricercatori che ha ottenuto la sequenza, Andrea Crisanti.

Evoluzione dell’epidemia
Ma come prevedere la diffusione di una epidemia? Servono dei modelli capaci di predire proprio l’andamento e le modalità di evoluzione di una epidemia. Per il 2019-nCov attualmente questi modelli mancano, o meglio, ne mancano di certi. A indicarlo è una analisi pubblicata dalla rivista Science sul suo sito. “Non ci sono strumenti per fare previsioni quantitative”, osserva nell’analisi il fisico Dirk Brockmann, che nell’istituto tedesco Humboldt si occupa di modellistica. Per poter comprendere quale sarà l’andamento dell’epidemia, infatti, servono due dati, non ancora indicati in modo definitivo: il tasso di contagio, ossia quante persone può contagiare una persone che ha l’infezione, e quello di letalità, vale a dire la percentuale di persone che muoiono a causa del virus. Al momento, prosegue l’esperto, i modelli possono soltanto suggerire delle “intuizioni” ai decisori politici. Come abbiamo detto, c’è incertezza anche sui tempi di incubazione della malattia, ossia sul tempo che trascorre dal momento dell’infezione a quello in cui si manifestano i sintomi. “Ci sono molti elementi che devono essere ancora chiariti e soppesati e per questo è molto difficile elaborare dei modelli”, rileva ancora sul sito di  Science Alessandro Vespignani, della Fondazione Isi di Torino e della Northeastern University di Boston. Uno dei primi modelli epidemiologici è stato quello elaborato dall’Imperial College di Londra già il 17 gennaio e considerato un punto di riferimento per quelli elaborati successivamente da gruppi di ricerca di molti Paesi. Tuttavia, rileva ancora Vespignani, la situazione si evolve così rapidamente che “quanto era accaduto appena due settimane fa sembra vecchio di due anni”.

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