
Lo studio
Redline e colleghi hanno preso in considerazione quasi tremila adulti con età media di 63 anni. Di questi, circa la metà soffriva di una lieve ostruzione notturna e circa un quinto aveva un forma da moderata a grave, con un indice di apnea-ipopnea di 15 o superiore. Il 2,5% dei partecipanti soffriva di CSA, il 3% aveva la respirazione di Cheyne-Stokes e il 4,6% aveva CSA o respirazione di Cheyne-Stokes. Durante il follow-up medio di 5,3 anni, a 338 persone è stata diagnosticata fibrillazione atriale dopo una media di 1.817 giorni dall’inizio dello studio. I pazienti che avevano fibrillazione erano i più anziani, avevano una maggiore probabilità di soffrire di pressione alta e/o diabete, assumevano medicinali per il cuore e avevano una precedente storia di malattie cardiache, insufficienza cardiaca o ictus, rispetto ai pazienti che non avevano sviluppato fibrillazione atriale. E la CSA avrebbe consentito di predire la fibrillazione in tutti i modelli, secondo quanto riferito dagli autori. “Le persone con CSA avevano una probabilità da due a tre volte maggiore di soffrire di fibrillazione atriale”, afferma Redline. In particolare, i rapporti sarebbero stati di 3,0 con la CSA, 1,83 con la respirazione Cheyne-Stokes e 2,0 con CSA o respirazione Cheyne-Stokes. Di contro, non ci sarebbe associazione con le apnee ostruttive. “Chi soffre di CSA potrebbe avere problemi cardiaci precedenti o potrebbe essere più sensibile ai cambiamenti dei livelli di anidride carbonica – spiega Redline – Ora bisogna indagare se il trattamento della CSA possa ridurre il rischio di sviluppare fibrillazione”.
Fonte: Journal of the American Heart Association
Reuters Staff
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)
