
Lo studio
Per capire come diverse attività potrebbero influenzare le probabilità di sviluppare problemi, i ricercatori – guidati da Yonas E. Geda – hanno esaminato dati relativi a 1929 adulti, con un’età minima di 70 anni, che non presentavano alcun problema cognitivo all’inizio dello studio. Il team ha valutato i partecipanti ogni 15 mesi e metà dei soggetti sono rimasti nello studio per più di quattro anni. Attraverso alcuni sondaggi i partecipanti hanno riferito la frequenza di diverse attività. Successivamente, i ricercatori hanno confrontato il rischio di una nuova insorgenza di deterioramento cognitivo lieve in base al fatto che le persone praticassero le loro attività almeno una o due volte a settimana o non più di due o tre volte al mese. Alla fine dello studio, 456 persone avevano sviluppato un deterioramento cognitive lieve. Gli studiosi hanno esaminato più attentamente un sottogruppo di 512 persone che presentavano un maggior rischio di deterioramento cognitivo perché portatrici di una versione del gene dell’apoliproteina E (APOE), un fattore di rischio sia per il deterioramento cognitivo, sia per la demenza da Alzheimer. Per i portatori del gene APOE solo l’uso del computer e le attività sociali sono risultati associati a una riduzione del rischio di deterioramento cognitivo lieve.
Fonte: JAMA Neurology 2017
Lisa Rapaport
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
