Alzheimer: identificate differenze a livello di invecchiamento cellulare

Alcune cellule cerebrali invecchiano più rapidamente di altre e sono sproporzionatamente presenti nelle persone che soffrono della Malattia di Alzheimer. A questa conclusione è giunto il lavoro di un team dell’Università della California di San Diego, coordinato da Sheng Zhong, secondo il quale vi sono anche differenze sesso-specifiche nel processo di invecchiamento di alcune cellule cerebrali. I risultati dello studio sono stati pubblicati da Nature.

All’interno di ciascun neurone vi è un’interazione tra componenti genetiche, tra cui la cromatina e l’RNA, che regolano funzioni cellulari chiave. Man mano che le cellule cerebrali invecchiano, però, queste interazioni si modificano. Per lo studio, il team ha utilizzato una tecnica denominata MUSIC (multinucleic acid interaction mapping in single cells), che consente di guardare all’interno delle singole cellule del cervello e mappare le interazioni tra la cromatina e RNA. In particolare, Zhong e colleghi hanno analizzato campioni post mortem ottenuti da 14 donatori di età pari o superiore a 59 anni, con o senza Malattia di Alzheimer.

Le evidenze
Il team ha scoperto che diversi tipi di cellule cerebrali mostrano modelli distinti di interazioni tra cromatina e RNA. Le cellule con meno interazioni tendono a evidenziare segni di invecchiamento e Malattia di Alzheimer e alcune cellule sono più vecchie di altre. Le persone con Malattia di Alzheimer, poi, hanno una percentuale maggiore di queste cellule più vecchie rispetto agli individui non affetti dalla patologia. Infine, la ricerca ha identificato differenze sesso-specifiche nell’invecchiamento dei neuroni, con la corteccia femminile, rispetto a quella maschile, che mostra un rapporto più elevato tra oligodendrociti “vecchi” – che offrono protezione alle cellule del cervello – e neuroni “vecchi”. Dato il ruolo fondamentale degli oligodendrociti nel mantenimento della normale funzione cerebrale, una maggiore prevalenza di oligodendrociti invecchiati potrebbe esacerbare il declino cognitivo.

Fonte: Nature 2024

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