
Lo studio
Bhattacharyya e colleghi hanno analizzato i dati relativi a 220 individui con un’età media di 29 anni, che si sono rivolti ai servizi psichiatrici dal 2002 al 2013 per un primo episodio di psicosi. I ricercatori hanno valutato i pattern d’uso della cannabis nei due anni successivi all’episodio e hanno classificato i pazienti come non utilizzatori, utilizzatori intermittenti o utilizzatori continuativi. Il rischio di recidiva era molto diverso tra i gruppi: 28,5% per chi non ne faceva uso, 36,0% per quelli con un uso intermittente e 59,1% per chi la usava regolarmente. I gruppi si sono distinti chiaramente anche in termini di adesione alla terapia antipsicotica: aderiva totalmente il 47,7% dei non utilizzatori, il 32% degli intermittenti e il 20,5% di quelli continuativi. Ulteriori analisi hanno rivelato un incremento nelle probabilità di una recidiva psicotica durante i periodi di uso di cannabis rispetto a quelli di non uso (odds ratio, 1.13). Un cambiamento nel pattern di continuazione ha aumentato notevolmente il rischio (odds ratio, 1.07), suggerendo un’associazione dose-dipendente tra modifica nell’uso della cannabis e recidiva psicotica. Ulteriori ricerche “hanno confermato che tale associazione rifletteva un effetto dell’uso della cannabis sul successivo rischio di recidiva, piuttosto che un effetto della recidiva sul successivo uso di cannabis”, scrivono gli autori.
I commenti
“Questi risultati suggeriscono che l’uso di cannabis è un potente fattore di rischio di recidiva nei pazienti con psicosi”, ha commentato Bhattacharyya “Le nuove scoperte dimostrano chiaramente che i medici dovrebbero essere in grado di usare queste evidenze per spiegare ai pazienti e alle loro famiglie che l’uso continuativo della cannabis, soprattutto l’uso frequente delle forme più potenti, può provocare una recidiva della psicosi”. “Questa nuova ricerca fornisce forti evidenze del fatto che questa sostanza pone rischi reali per gli adulti con un primo episodio di psicosi”, ha aggiunto Mark Olfson, professore di psichiatria presso il Columbia University Medical Center.”I nuovi risultati sottolineano la fondamentale importanza di lavorare per prevenire o minimizzare l’uso di marijuana da parte di questi adulti vulnerabili”, ha concluso il clinico americano
Fonte: JAMA Psychiatry 2016
Marilynn Larkin
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
