Pnrr e cronicità, quale futuro per il Ssn? Nel National Summit di Sics presentato il Quaderno di Quotidiano Sanità dedicato al tema

Le problematiche già prima riscontrate nella complessiva presa in carico dei malati cronici si sono ulteriormente amplificate a causa del Covid. Per superarle definitivamente bisognerà trarre il giusto insegnamento dalla crisi, realizzando compiutamente e in maniera diffusa il Piano Nazionale Cronicità, approvato in Conferenza Stato-Regioni a settembre del 2016. Un obiettivo che ci si pone di raggiungere anche grazie al Pnrr, i cui fondi da un lato dovranno servire a potenziare l’assistenza territoriale tramite la creazione di nuove strutture, come Ospedali di Comunità e Case della Comunità, dall’altro a rafforzare l’assistenza domiciliare mediante lo sviluppo della telemedicina, la digitalizzazione e l’implementazione del personale dedicato.

Di tutto questo si è parlato nel corso del National Summit promosso da Sics Editore con il contributo incondizionato di Galàpagos che ha preso le mosse dal Quaderno di Quotidiano Sanità dedicato al tema. All’incontro hanno partecipato Paola Pisanti, già presidente e coordinatore della commissione nazionale Diabete e Cronicità e consulente esperto malattie croniche del Ministero della Salute; Maria Rosaria Natale, Ceo Your Business Partner; Anna Rita Cosso, presidente Cittadinanzattiva; Nicoletta Verì, assessore alla Salute della Regione Abruzzo; Ruggero Razza, assessore alla Salute della Regione Sicilia; Alberto Avaltroni, VP Country Head Galapagos; Sen. Paola Boldrini, vicepresidente della commissione Igiene e Sanità del Senato e Membro dell’Intergruppo parlamentare sulla cronicità; On. Elena Carnevali, membro della commissione Affari Sociali della Camera; Sen. Maria Rizzotti, membro della commissione Igiene e Sanità del Senato. E ancora, Paolo Petralia, vicepresidente Fiaso e direttore generale della Asl 4 Chiavarese; Marcello Pani, segretario nazionale Sifo; Gennaro Volpe, presidente Card,  Confederazione Associazioni Regionali di Distretto e Direttore generale della Asl di Benevento.

Una puntata ricca di riflessioni, che ha preso le mosse, appunto, dall’idea di Pnrr come strumento strategico anche per portare a compimento alcuni programmi che sono sulla carta già da anni, ma che non sono mai stati completamente realizzati, quanto meno non in modo uniforme in tutte le Regioni.

“Esistono forti connessioni tra il Piano nazionale cronicità e il Pnrr”, ha infatti spiegato Paola Pisanti. In pratica, secondo l’esperta, il Piano cronicità, approvato nel 2016, ha stabilito gli stessi obiettivi, le strategie e azioni a cui ora il Pnrr intende dare concretezza alla luce delle criticità emerse durante il Covid. La pandemia ha infatti messo a nudo la fragilità e l’inadeguatezza del sistema. Ha reso evidente quello che forse si sapeva, ma su cui si è in un certo senso voluto chiudere gli occhi, e cioè che il Piano nazionale cronicità è rimasto al palo e che l’assistenza territoriale e domiciliare resta il più grande punto debole del nostro Ssn.

Il Pnrr punta quindi a recuperare il tempo perduto. E lo fa attraverso “un progetto globale di salute”, ha evidenziato Pisanti. “Noi parliamo sempre della Missione 6, ma la salute non è solo una questione di sanità. Tutte le altre aree e missioni, dall’ambiente, al lavoro, al sociale, alla ricerca, sono componenti essenziali del benessere di una persona perché ‘stare bene’ non significa sono non essere malato o essere assistiti quando si è malati. Dobbiamo tenerlo bene in mente”.

Ecco perché, ha evidenziato l’esperta, “c’è l’ospedale, c’è la medicina territoriale, ci sono le farmacie, gli infermieri di comunità, le professioni sanitarie e l’intero sistema sociosanitario. Ecco perché – ha proseguito l’esperta – dobbiamo parlare di caregiver e di formazione”. Per Pisanti grande importanza dovrà essere data anche alla creazione di un sistema in grado di dare supporto ai professionisti sanitari contro il burn out.

“L’esperienza del Covid-19 – ha aggiunto Maria Rosaria Natale – ha spinto il Ssn a ridisegnare la gestione della presa in carico in generale e soprattutto della presa in carico della cronicità, in quanto è sicuramente una delle aree con l’impatto più significativo dal punto di vista clinico, sociale ed economico”. Per un percorso che porti davvero a un miglioramento del sistema, secondo la CEO di Your Business Partner, è però necessario anche trovare un metodo condiviso di misurazione degli outcomes. Tra i migliori, per Natale, c’è il Value Based Healthcare del professore dell’Harvard Business School, Michael Porter, che definisce il valore come l’esito clinico rapportato al costo.

La chiave per ottenere il migliore risultato, per la CEO di Your Business Partner, è “connettere tutti gli attori significativi del sistema. L’esito non può essere valutato come il singolo risultato di una prestazione. Va visto nel suo insieme, perché l’outcome a cui dobbiamo ambire è quello dato dai risultati clinici, di qualità della vita del paziente e dall’efficienza del sistema”. Per la CEO di Your Business Partner è inoltre prioritario rafforzare la prevenzione e la diagnosi, che “vanno realizzate in modo capillare, perché prevenzione e diagnosi sono i due più grandi mezzi che abbiamo per fare salute. Diversamente, sarà molto più difficile ottenere salute e sostenibilità”.

La parola è quindi passata ai rappresentanti delle Regioni Abruzzo e Sicilia, che hanno portato il loro punto di vista, estremamente importante dal momento che poi saranno le Regioni ad avere la responsabilità di far passare il Pnrr dalle parole ai fatti. Ma quello che è emerso dalle parole di Nicoletta Verì e Ruggero Razza è un quadro a luci e ombre.

Per Nicoletta Verì l’obiettivo è ambizioso e i vantaggi saranno numerosi, soprattutto in quelle ortograficamente complesse come l’Abruzzo. “Per l’Abruzzo i fondi a disposizione ammontano ad oltre 213 milioni di euro. Di questi, circa 59 milioni sono destinati all’apertura delle Case della Comunità, 26 milioni agli Ospedali di Comunità, 4 milioni alle Centrali operative territoriali, 31 milioni all’acquisto delle grandi apparecchiature, 54 milioni all’adeguamento antisismico e 38 milioni alla digitalizzazione”. Gli interventi strutturali prevedono 11 ospedali di comunità, 40 case di comunità e 13 centrali operative territoriali.

Tuttavia, ha osservato l’assessore abruzzese, “per far funzionare queste strutture abbiamo bisogno di personale e di ulteriori fondi, senza i quali si rischia di appesantire i bilanci sanitari delle Regioni e creare ulteriori deficit, trasformando così il Pnrr in un danno anziché in un vantaggio”. Verì si è detta preoccupata anche per le attuali disposizioni contrattuali che regolamentano l’attività dei medici di medicina generale. “Non possiamo immaginare di gestire le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità senza l’apporto fondamentale dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta, ma servono strumenti e accordi contrattuali specifici che consentano questa operatività”.

Anche per l’assessore Ruggero Razza il Pnrr rappresenta una grande opportunità ma non priva di preoccupazioni. “Da una parte significa poter provare a risolvere alcune delle grandi criticità esistenti da anni, a partire dalla gestione dei pazienti cronici e dall’eccessivo utilizzo, a volte anche inappropriato, dell’ospedale”. Tuttavia Razza si è detto preoccupato per i tempi stretti imposti per la realizzazione del Pnrr. “Pensare di portarlo a compimento entro il 2026 significa rischiare di intervenire in modo frettoloso o di impegnarsi in progetti di altissimo livello che però si potrebbero rilevare troppo impegnativi per il tempo e le risorse a disposizione”.

Per Razza il problema non riguarda tanto la costruzione delle infrastrutture, quanto la fase in cui queste strutture vengono “riempite di funzioni e messe realmente a sistema”. Anche per l’assessore siciliano, inoltre, “non avere delineato un chiaro modello di integrazione della medicina generale” con questo sistema rappresenta una criticità, così come preoccupa la questione del personale e della sostenibilità del lungo termine.

Gli effetti del Pnrr e del Dm71 avranno un impatto non solo sulle regioni in quanto enti istituzionali, ma anche sui cittadini. Tra loro le aspettative sono veramente alte. Tra gli auspici, l’eliminazione di quelle disomogeneità tra Regione e Regione (ma anche all’interno di una stessa Regione) che ancora oggi fanno parlare di pazienti di serie A e pazienti di serie B. Ne ha parlato Anna Rita Cosso, presidente di Cittadinanzattiva.

La pandemia, per Cosso, “ha reso evidente e accentuato criticità che esistevano già, prima tra tutti quella riguardante la fragilità del sistema di assistenza territoriale. Però ha anche dimostrato che se c’è la volontà, si possono trovare soluzioni e ottenere risultati eccellenti”. L’iniezione di risorse con il Pnrr, per la presidente di Cittadinanza, è l’occasione per un salto avanti. Tuttavia, anche per Cosso, “non basta costruire nuove infrastrutture e strutture; queste devono dialogare tra loro, essere interconnesse con la rete ospedaliera e in maniera uniforme su tutto il territorio”. L’interconnessione riguarda la digitalizzazione ma anzitutto le professionalità.

Per la rappresentante di Cittadinanzattiva, inoltre, “il Pnrr e il Piano cronicità non potranno essere realmente realizzati se non si dà un ruolo attivo anche ai soggetti che sono espressione dell’attivismo civico in campo sanitario”. Fondamentale inoltre, per Cittadinanzattiva, anche lo sblocco del decreto tariffe, l’attivazione in tutte le Regioni dei registri di patologia e la proposta di legge sulla non autosufficienza che dia risposte non solo ai 4 milioni di anziani non autosufficienti, ma anche ai 7 milioni di caregiver che ci sono nel nostro Paese.

Ad Alberto Avaltroni il compito di portare il punto di vista delle aziende e parlare, in particolare, del contributo che le imprese private potranno portare al sistema salute italiano, a partire dall’implementazione di dispositivi e servizi che aiutino il paziente a gestire al meglio e autonomamente, per quanto possibile, la propria patologia. Soluzioni che vanno dalla prescrizione al follow up. “Siamo convinti che il sistema sanitario universalistico e pubblico potrebbe beneficiare nel lungo periodo della collaborazione con i privati, non solo in termini di investimenti, ma anche di capillarità, timing e know-how”, ha detto il VP Country Head di Galapagos.

Il successo di questo percorso, per Avaltroni, sarà determinato dalla capacità di porre “tre pilastri: prossimità, innovazione ed uguaglianza”. Tra le parole d’ordine, dunque, c’è “l’abbattimento dell’attuale sistema a silos”. La cura, poi, “deve andare verso il paziente e non deve essere il paziente ad andare alla ricerca di una cura”.

L’innovazione, infine, è per Avaltroni, “assolutamente fondamentale”. Parliamo di “tecnologia e digitale, ma ricordiamo che una medicina smart può funzionare solo se c’è un livello condiviso di competenze digitali e così non è. Sappiamo che non tutti gli italiani hanno competenze digitali. Di questo bisognerà tenere conto”. Anche in questo ambito, secondo il VP Country Head Galapagos, le aziende farmaceutiche potranno portare un importante contributo, con progetti dedicati alla formazione del personale ma anche dei pazienti e dei caregiver”. L’obiettivo di Galapagos, ha chiarito Avaltroni, è “aumentare gli anni di vita delle persone ma, soprattutto, aumentare gli anni di vita di qualità delle persone”.

La giornata di lavoro è proseguita con la voce dei parlamentari, a cominciare da Paola Boldrini, che in qualità di membro dell’Intergruppo sulla Cronicità ha evidenziato i vantaggi che potrebbero derivare dalla reale applicazione del Piano nazionale cronicità del 2016 ma evidenziato come l’Intergruppo sia nato, nel 2020, proprio per dare voce a quanti cercavano di far notare di quel piano, sul territorio, c’era poca traccia. La missione dell’Intergruppo si è quindi concretizzata in un ciclo di audizioni, recentemente concluso, per raccogliere istanze e osservazioni. “Ora realizzeremo un’analisi delle richieste, che verranno poi raccolte in un documento che presenteremo nelle commissioni e spero anche Aula, allo scopo di cercare di dare risposte ai cittadini e ai pazienti”. Un lavoro tanto più importante ora, ha evidenziato Boldrini, “dal momento che il Piano cronicità è strettamente collegato al Pnrr”.

Uniformità ed equità sono parole d’ordine anche per l’on. Elena Carnevali, che chiede “standard organizzativi e standard strutturali chiari e diffusi in tutto il Paese, perché ci sia omogeneità di offerta in ogni territorio e stesso diritto di accesso alle cure in ogni parte d’Italia”. L’impegno di tutte le forze politiche e degli stakeholder ora va in quella direzione, ma per Carnevali sarà necessario anche “un sistema di monitoraggio forte”. Questo per far sì che nel tempo non ci si dimentichi di questi obiettivi, che per la deputata del Pd dovranno passare anche per la valorizzazione delle professioni sanitarie.

Maria Rizzotti ha condiviso l’idea che la riforma in atto sia in qualche modo pensata anche “per rivedere e dare operatività ai piani che in questi anni non hanno trovato aggiornamento e realizzazione”. Se l’intento è quello, tuttavia per la senatrice restano molte questioni ancora non chiare. “Si parla tanto dei contenitori ma meno dei contenuti”, ha osservato. Tra i contenuti ha evidenziato anche lei la questione della carenza di personale. Per la senatrice di Forza Italia, inoltre, sarà necessario capire come il sistema potrà reggere dopo il 2006. “Non dimentichiamo, per esempio, che le assunzioni incidono sulla spesa corrente e che, quindi, dovranno rientrare nei bilanci”. In conclusione, per Rizzoti, “il momento è cruciale ed è doveroso richiedere un impegno collettivo per non sprecare queste risorse”.

A chiudere gli interventi, Marcello Pani (Sifo), Paolo Petralia (Fiaso) e Gennaro Volpe (Card).

Marcello Pani ha portato il punto di vista dei farmacisti (ospedalieri ma non solo), riferendo del progetto di Home Delivery dei farmaci ideato dalla Sifo prima dell’emergenza Covid e ora pronto a partire come sperimentazione. “Si tratta di un progetto di grande importanza per il percorso terapeutico, perché la consegna del farmaco a domicilio permette anche di monitorare che il paziente abbia il farmaco giusto al momento giusto. Questo sistema favorisce anche l’aderenza terapeutica, oltre che la tracciabilità e la farmacovigilanza”. La sperimentazione, ha spiegato Pani, coinvolgerà anche le farmacie del territorio “secondo un modello hub e spoke con le farmacie ospedaliere”.

Per Paolo Petralia la parola chiave sarà “cultura”, perché quella che si sta cercando di realizzare non è solo “una riforma o un tagliando del Ssn a 40 anni dalla sua istituzione, ma un vero e proprio salto culturale che richiederà una forte responsabilità da parte di ciascuno di noi”. Per il vicepresidente della Fiaso una questione cruciale sarà anche quella delle risorse, “che non sono mai un obiettivo, ma inevitabilmente sono uno strumento prioritario”. Per Petralia serviranno molte risorse, “ma non solo di tipo economico; serviranno soprattutto professionalità”. Il vicepresidente della Fiaso ha quindi evidenziato come i nuovi modelli e processi organizzativi richiederanno “un’evoluzione e diffusione delle competenze di tipo manageriali in ogni contesto in cui la salute si svilupperà. Chi ha pensato al Pnrr lo sa bene, prevedendo 18milioni di euro per la formazione di questo tipo”, ha fatto notare.

E a proposito di manager e regia, Gennaro Volpe ha evidenziato come il Pnrr porterà a un rilancio dei Distretti che, a suo dire, saranno per forza di cose registi e protagonisti di questa nuovo modello di assistenza territoriale. “Il Covid ha dimostrato che dove c’è un territorio forte, un distretto forte, i risultati in termini di salute sono migliori”. Per Volpe la parola d’ordine è “comunità” intesa come luogo di cura ma anche come “condivisione di strategie con tutti gli attori coinvolti all’interno del Distretto, tra cui anche i Comuni e le scuole, in un rapporto di stretta connessione con l’ospedale”.

Se i progetti sono tanti e importanti, anche per Volpe tuttavia questi sono realizzabili solo se c’è personale. Così come serviranno “accordi unificati con i medici di medicina generale in cui vengano stabiliti obiettivi ben precisi e con precisione declinati”.

Infine, il presidente della Card chiede una chiara definizione del Distretto, “oggi organizzato in modo molto disomogeneo da un territorio all’altro”. Standard e omogeneità che dovranno essere previsti anche per i direttori dei distretti, attraverso la definizione di un percorso formativo e l’auspicata istituzione di un Albo nazionale.

Lucia Conti

 

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