
Lo studio
Il coach poneva domande che richiedevano un” sì “o un “n”o come risposta, oppure una valutazione del livello di paura, dopodiché forniva alcuni suggerimenti.
Hanno preso parte allo studio cento persone, di cui 49 assegnate in modo casuale alla terapia con la realtà virtuale con sei sessioni da 30 minuti l’una, mentre le rimanenti non hanno ricevuto nessun trattamento per combattere la loro paura dell’altezza nel periodo dello studio (mentre è stata loro offerta la terapia in realtà virtuale al termine della ricerca).In media, i partecipanti sperimentavano la paura dell’altezza da circa 30 anni. Per essere inclusi nello studio, hanno fatto registrare un livello tra 30 e 55 (moderato) o tra 56 e 80 (severo) nel questionario di acrofobia.
I risultati
Come riportato da Lancet Psychiatry, alla fine del periodo di trattamento la metà dei volontari che aveva sperimentato la realtà virtuale ha fatto registrare 25 punti in meno rispetto all’inizio, mentre il gruppo che non ha ricevuto il trattamento ha avuto solo un piccolo cambiamento nello score. “Inoltre, le persone hanno anche scoperto che potevano sperimentare situazioni che non avrebbero immaginato possibili, come camminare su una montagna ripida, accompagnare i propri figli su un ponte di corda o semplicemente utilizzare un ascensore in un centro commerciale senza provare paura”, sottolinea Freeman.
I commenti
“Programmi come questo potrebbero essere un primo passo per convincere le persone a superare le loro paure – dice Robert Hudak, psichiatra al Medical Center dell’università di Pittsburg in Pennsylvania – Non credo che qualcuno sostenga che la realtà virtuale possa sostituire i terapisti, ma potrebbe essere un primo passo nel trattamento di molte persone”.
“Quando lavori con una persona ansiosa, vuoi aiutarla a fronteggiare ciò di cui ha paura: si chiama terapia dell’esposizione – aggiunge Lynne Bufka, psicologa clinica e direttore esecutivo associato per la pratica, la ricerca e la politica all’American Psycological Association di Washington, nonoinvolta nello studio – La realtà virtuale non è ancora una terapia pienamente disponibile, ma con i progressi della tecnologia, che rendono i programmi sempre più realistici, si può espandere e potrebbe aiutare molte persone”.
Fonte: Lancet Psychiatry 2018
Linda Carroll
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
