Osteoporosi: dopo i 50 ne soffre anche un uomo su 5

L’osteoporosi non è una patologia esclusiva delle donne. Nonostante la netta prevalenza  per il sesso femminile, superati i 50 anni però ne soffre anche un uomo su 5. Il dato emerge dallo studio Amos della Fondazione Foresta Onlus in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera di Padova, Ulss 6 e Cnr-Sezione invecchiamento. Secondo i risultati del lavoro, su 300 ultrasessantenni, il 38% manifesta una riduzione della densità dell’osso, ma soltanto il 9% ne è conoscenza.

Dalla ricerca è emerso anche che i fattori di rischio più evidenti per lo sviluppo della patologia sono l’obesità e l’ipogonadismo, ossia una ridotta produzione di testosterone. Negli over 60 in andropausa (disturbi sessuali, debolezza e riduzione della forza muscolare, obesità, diabete), si verifica una riduzione dei livelli di testosterone.

La sintomatologia associata alla deficienza di questo ormone si confonde molto con la comune sensazione “di essere anziani”, pertanto la diagnosi di ipogonadismo nell’adulto viene rilevata raramente. La conseguenza della mancata individuazione di bassi livelli di testosterone comporta tra l’altro, l’assenza di indicazione alla valutazione della struttura dello scheletro, e quindi la mancata rilevazione dei segni di osteoporosi.

Nella donna, dopo la menopausa, lo screening per l’osteoporosi è considerato di routine, ma – secondo gli esperti – è assolutamente necessario che anche gli uomini dopo i 60 anni si sottopongano a questa valutazione.

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