Non si può più parlare di salute senza considerare l’ambiente in cui viviamo e gli animali con cui condividiamo il pianeta. Questo è il cuore dell’approccio One Health, che impone una visione integrata per affrontare sfide sanitarie complesse come la prevenzione e la gestione dei tumori, dove le cause non sono solo genetiche o individuali, ma anche ambientali e sociali.
Se n’è discusso nell’ambito del The Patient’s Voice, format divulgativo di Homnya, durante un confronto che ha coinvolto esperti di primo piano: Giuseppe Tonini, Direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma; Anna Maria Moretti, Presidente della Società Internazionale di Medicina di Genere; Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) e ricercatore all’Università Statale di Milano e Massimo Libra, ordinario di Patologia Generale all’Università di Catania.
A introdurre la riflessione è stato il Giuseppe Tonini, che ha ricostruito la storia del concetto One Health dalle sue origini negli anni Duemila fino alla sua evoluzione più recente, evidenziando come la salute vada oggi intesa come un ecosistema complesso in cui le condizioni dell’ambiente naturale, la biodiversità, le modalità di allevamento, l’uso del suolo e la gestione delle risorse incidono direttamente sul benessere umano. Malattie emergenti, zoonosi, qualità dell’acqua, sicurezza alimentare e inquinamento sono facce dello stesso problema. Pensare in termini di One Health significa superare la prevenzione intesa solo come responsabilità individuale – smettere di fumare, mangiare meglio, fare esercizio – e allargare lo sguardo alle condizioni strutturali che influenzano la salute di intere popolazioni. Serve un approccio condiviso tra medici, veterinari, epidemiologi, esperti ambientali e cittadini, che consenta di ridurre le esposizioni dannose e costruire un contesto favorevole alla salute.
Proprio l’ambiente urbano, dove vive ormai la maggior parte della popolazione europea, è stato al centro dell’intervento di Alessandro Miani. L’inquinamento atmosferico è oggi la prima emergenza sanitaria di origine ambientale, riconosciuto come cancerogeno certo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, in particolare per quanto riguarda il particolato fine (PM 2.5), fortemente associato al carcinoma polmonare. Ma le evidenze scientifiche crescono anche in relazione ad altri tumori, come quelli della vescica, della mammella e del tratto gastrointestinale. L’origine dell’inquinamento urbano è molteplice: traffico veicolare, riscaldamenti domestici, emissioni industriali, scarsa presenza di aree verdi. Miani ha sottolineato la necessità di intervenire con politiche concrete che promuovano mobilità sostenibile, riqualificazione degli spazi verdi, normative edilizie più rigorose e un’educazione ambientale che parta già dalle scuole. La salute urbana deve diventare un pilastro della progettazione delle città, perché l’ambiente in cui viviamo ogni giorno incide in maniera determinante sul rischio oncologico.
Un altro aspetto centrale emerso nel confronto è quello dell’alimentazione. Massimo Libra ha messo in evidenza il ruolo fondamentale della dieta mediterranea non solo nella prevenzione dei tumori, ma anche come parte integrante delle strategie terapeutiche. Lo studio clinico DEDICA, condotto su oltre 500 donne operate per carcinoma mammario, ha mostrato che un regime alimentare ispirato ai principi tradizionali della dieta mediterranea, associato ad attività fisica e supplementazione di vitamina D, ha portato a un miglioramento della qualità della vita, alla riduzione dei sintomi oncologici e a un allungamento dell’intervallo libero da malattia. L’alimentazione, dunque, non è solo nutrizione, ma una leva terapeutica capace di incidere positivamente anche a livello molecolare e metabolico.
In stretta connessione con l’alimentazione, Libra ha approfondito il tema del microbiota intestinale, spiegando come la composizione di questi microrganismi sia influenzata dalla dieta e, a sua volta, influenzi la risposta immunitaria, l’infiammazione cronica e i processi di proliferazione cellulare. Una dieta ricca di fibre, frutta e verdura promuove la crescita di batteri benefici che producono metaboliti protettivi, mentre un’alimentazione ricca di grassi e zuccheri altera negativamente l’equilibrio del microbiota, aumentando il rischio di sviluppare neoplasie. Questo campo di studio si sta rivelando cruciale non solo per la prevenzione, ma anche per individuare strategie terapeutiche più personalizzate.
Miani è poi tornato sul tema ambientale per approfondire il ruolo degli inquinanti emergenti, in particolare i PFAS – sostanze chimiche altamente persistenti – e le micro e nanoplastiche. Alcuni PFAS sono già classificati come cancerogeni certi e sono stati associati a tumori del rene e del testicolo. Le microplastiche, pur non essendo ancora formalmente classificate come cancerogene, rappresentano un rischio plausibile per la salute umana: si accumulano nei tessuti, trasportano sostanze tossiche e possono superare le barriere biologiche. Anche in questo caso, il cittadino può adottare strategie di difesa: utilizzare filtri certificati per l’acqua, ridurre l’uso di plastica monouso, privilegiare materiali sicuri per la cottura dei cibi, aerare frequentemente gli ambienti chiusi e adottare un’alimentazione ricca di fibre e alimenti freschi. Ma è altrettanto necessario chiedere politiche più rigorose e trasparenza nei dati ambientali.
Nel quadro complessivo delineato dal dibattito, si inserisce in modo coerente la prospettiva della medicina di genere, portata da Anna Maria Moretti. La presidente della Società Internazionale di Medicina di Genere ha ricordato come le differenze tra uomini e donne influiscano su ogni aspetto della salute: dalla suscettibilità ai tumori alla risposta ai farmaci, fino alla tossicità delle cure. L’Italia, ha spiegato, è all’avanguardia grazie alla legge 3 del 2018, ma occorre fare di più per rendere operativi i principi della medicina di genere attraverso formazione, ricerca, raccolta di dati disaggregati e comunicazione mirata. L’approccio One Health e quello di genere condividono l’obiettivo di una medicina più equa, personalizzata e sostenibile, capace di tenere conto delle specificità biologiche, ambientali e sociali di ciascun individuo.
In conclusione, come precisato anche da Tonini, la salute non è un fatto privato. Ognuno di noi, con le proprie scelte quotidiane, può contribuire a creare un contesto più favorevole alla salute o, al contrario, più vulnerabile alla malattia. Alimentazione, attività fisica, uso consapevole dei farmaci, rispetto per l’ambiente e adesione agli screening sono gesti che, se compiuti collettivamente, possono incidere in modo determinante sull’incidenza dei tumori. La definizione più recente del concetto di One Health parla di un approccio integrato e unificante che mira a bilanciare e ottimizzare, in modo sostenibile, la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi. È una sfida che richiede cooperazione tra istituzioni, professionisti e cittadini, ma anche consapevolezza che ogni cambiamento – per quanto piccolo – può fare la differenza nella lotta contro i tumori e nella tutela del nostro futuro.
