I videogiochi potrebbero non fare poi così male. Da uno studio della Columbia Mailman School of Public Health, negli Usa, pubblicato su Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology è emerso che, da un punto di vista psicologico e sociale, un uso intenso dei videogame aumenta le probabilità che migliorino le capacità intellettive e il rendimento scolastico dei ragazzi che diventano anche più socievoli. Il nuovo volto dei videogiochi potrebbe essere quello di aiutare i giovani ad avere meno problemi di relazione con i coetanei.
Lo studio
Gli studiosi hanno esaminato i dati dello School Children Mental Health Europe, un progetto che ha coinvolto 3.195 bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni, per verificare l’uso che i ragazzi facevano dei videogame e che impatto ciò avesse sulle loro capacità cognitive, sull’apprendimento e il rendimento scolastico e sulla socialità. Genitori e insegnanti hanno valutato la salute mentale dei ragazzi e il successo scolastico con dei questionari e i bambini stessi hanno risposto alle domande attraverso uno strumento interattivo. I risultati hanno permesso di verificare che, a livello di abitudini, un ragazzo su cinque utilizzava i videogame più di cinque ore a settimana secondo quanto riferito dai genitori e che ad essere meno “video gioco dipendenti”, cioè a trascorrere meno ore incollati allo schermo, erano quelli con madri meno istruite, single, inattive, o psicologicamente in difficoltà. Un uso importante dei videogiochi era collegato a 1,75 volte la possibilità di elevate capacità intellettive e 1,88 volte la possibilità di buone competenze a scuola.
Giocare di più era associato inoltre a minori problemi di relazioni con i coetanei. Ma gli studiosi avvertono che è importante non sovrastimare i risultati dello studio e porre dei limiti ai ragazzi, anche perché possano avere maggiore successo. “I risultati indicano che i bambini che giocano spesso con i videogiochi possono essere socialmente coesi con i coetanei. Ma avvertiamo che è necessario non sovrastimare i risultati e fissare dei limiti sul tempo trascorso allo schermo, una componente importante della responsabilità dei genitori come strategia globale per il successo dei ragazzi” spiega Katherine M. Keyes, autrice dello studio.