Linfoma a cellule mantellari: il regime di combinazione con acalabrutinib migliora la sopravvivenza libera da progressione della malattia

I risultati dell’interim analysis dello studio di Fase III ECHO mostrano che acalabrutinib, in combinazione con la chemioimmunoterapia, bendamustina e rituximab, ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS) rispetto allo standard di cura, nei pazienti adulti > 65 anni con linfoma a cellule mantellari (MCL) non precedentemente trattati.

Nell’endpoint secondario di sopravvivenza globale (OS) è stata osservata una tendenza favorevole di acalabrutinib più chemioimmunoterapia. I dati di sopravvivenza globale non sono risultati maturi al momento dell’analisi e lo studio continuerà a verificarla. Acalabrutinib è un inibitore selettivo della tirosin-chinasi di Bruton (BTK) di nuova generazione.

Il linfoma a cellule mantellari è una forma rara e tipicamente aggressiva del linfoma non-Hodgkin (NHL), spesso diagnosticata in uno stadio avanzato, che risulta dalla mutazione dei linfociti B in cellule maligne all’interno della parte del linfonodo, nota come zona mantellare. Si stima che a livello mondiale siano più di 27.500 i pazienti con diagnosi di linfoma a cellule mantellari.

“Nel contesto di uno scenario in cui il trattamento di prima linea dei linfomi è ancora fondato sulla sola chemio-immunoterapia – osserva Pier Luigi Zinzani, Professore Ordinario di Ematologia dell’Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli” dell’IRCCS Policlinico Sant’Orsola di Bologna, principal investigator e membro dello Steering Committee dello studio ECHO – il trial ECHO è il primo ad inserire un BTK in prima linea all’interno di uno schema di associazione nell’ambito del paziente anziano con linfoma mantellare, con un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione di malattia e un trend positivo in termini di sopravvivenza globale. I risultati del trial ECHO, alla luce dei dati di recenti studi che mettono in discussione il ruolo della chemioterapia ad alte dosi in prima linea nel paziente giovane trattato con schemi che includono BTK, potrebbero costituire un primo passo verso un cambiamento del paradigma della terapia di prima linea nel linfoma mantellare. L’aggiunta di acalabrutinib, in prima linea nel setting del linfoma a cellule mantellari, potrebbe quindi offrire ad un numero maggiore di pazienti l’opportunità di trarre beneficio dall’efficacia e dal solido profilo di sicurezza osservato con questo farmaco”.

“Questi risultati di grande impatto nel linfoma a cellule mantellari mostrano che, inserendo acalabrutinib nel setting di prima linea, si ritarda significativamente la progressione della malattia e, per la prima volta, mostrano la possibilità di prolungare la sopravvivenza – dichiara Susan Galbraith, Executive Vice President, Oncology R&D, AstraZeneca – Il miglioramento della sopravvivenza libera da progressione e il profilo di sicurezza peculiare di acalabrutinib sono importanti, in quanto ci stiamo impegnando per modificare gli outcomes già in una fase precoce del trattamento della malattia”.

La sicurezza e la tollerabilità di acalabrutinib sono risultate in linea con il profilo di sicurezza già noto, e non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza. I dati saranno presentati prossimamente e verranno condivisi con le autorità regolatorie globali.

Nell’ambito di un ampio programma di sviluppo clinico, AstraZeneca sta attualmente valutando acalabrutinib da solo e in combinazione per il trattamento di diversi tumori del sangue a cellule B, tra cui la leucemia linfocitica cronica (CLL), il linfoma a cellule mantellari (MCL) e il linfoma diffuso a grandi cellule B.

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