Non più soltanto molecole: se queste sono state finora alla base dei farmaci tradizionali, le ‘pillole’ del futuro si basano sempre più sulla conoscenza del Dna, tanto che il 38% delle richieste di approvazione dei nuovi farmaci presentate in Europa e negli Stati Uniti si basa su informazioni relative al genoma. Lo ha detto ieri a Roma il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata, nel convegno sulle sfide della medicina contemporanea organizzato dalla Fondazione Armenise Harvard. ”Una volta alla base dei farmaci c’erano soltanto le molecole, che venivano sperimentate secondo un approccio empirico basato su screening che soltanto le aziende farmaceutiche erano in grado di gestire”, ha osservato Novelli a margine dell’incontro. ”Oggi i nuovi farmaci si basano soprattutto sulle conoscenze relative alla genomica – ha proseguito – e si tende a progettare il farmaco giusto per la giusta malattia per una particolare persona”. Avere farmaci così mirati significa evitare sprechi: ”se un farmaco non funziona su alcuni pazienti potrà funzionare su altri, di certo non si butta”. Per Novelli ”si apre una prospettiva nuova, che con il tempo potrà tradursi in un risparmio significativo per la sanità pubblica”. Una conseguenza analoga, secondo il genetista, si annuncia con il cosiddetto ‘riposizionamento’ dei farmaci, ossia un uso nuovo per farmaci finora utilizzati per altre malattie: è il caso della metformina nata per il diabete, della quale si è scoperta l’efficacia contro i tumori di seno e colon.
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