
La situazione
Il comitato della salute del Partito Democratico Liberale nipponico, il cui sostegno è essenziale per l’introduzione del disegno di legge in Parlamento, ha dichiarato che non incontrerà i funzionari del ministero, sottolineando che la legge modificata è ancora troppo rigida. Le autorità, invece, dicono che questa misura non è ancora sufficiente. Con 15 mila decessi l’anno per fumo passivo, soprattutto donne e bambini, secondo un funzionario del ministero, “è necessario fare di più”. Cinquant’anni fa, circa la metà dei giapponesi fumava. Ora la percentuale è scesa al 18% e le zone in cui è consentito fumare si sono ristrette di molto. Ma le leggi sul fumo variano da città a città e addirittura, nella stessa Tokyo, da quartiere a quartiere. Inoltre, le sanzioni sono praticamente inesistenti. Una legge del 2003 ‘incoraggia’ ristoranti e altre zone pubbliche a separare le aree fumatori da quelle per non-fumatori, ma non prevede multe per chi non si adegua. Così, secondo l’OMS, il Giappone è in fondo alla classifica mondiale per quel che riguarda le regole anti-fumo. E le pressioni del CIO potrebbero sensibilizzare la popolazione, anche se il vice presidente del Comitato, John Coates, ha dichiarato che non può forzare il divieto oltre le sedi e il villaggio olimpico. Questa vicenda, infine, potrebbe influire sull’immagine del Giappone. Molti viaggiatori europei e americani sono abituati al divieto di fumo all’interno dei locali. Ma in molti vedono il Paese asiatico come “un paradiso per i fumatori”, che secondo Douglas Bettcher, direttore dell’OMS per la prevenzione delle malattie non-trasmissibili, “non è una buona impressione, considerando che il Giappone sta investendo tanto per le Olimpiadi”.
Fonte: Reuters Health News
Elaine Lies e Kwiyeon Ha
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
