Covid-19. Studio Nature conferma presenza cani procione al mercato di Wuhan, ma nessuna prova di infezione

Al mercato di Wuhan c’erano anche i cani procione, così come altri animali potenzialmente suscettibili al virus Sars-CoV-2, ma non ci sono prove del fatto che fossero infetti e che dunque potessero aver favorito il salto di specie del virus verso l’uomo. Lo indicano le analisi dei campioni ambientali e animali raccolti dentro e nei dintorni del mercato all’inizio del 2020 dal team del virologo George Gao dell’Accademia Cinese delle Scienze. I risultati dello studio, di cui erano uscite alcune anticipazioni nei giorni scorsi, sono finalmente pubblicati su Nature.

Lo studio
“Stiamo fornendo una versione non revisionata di questo manoscritto per dare accesso anticipato ai suoi risultati”, spiega la rivista sul suo sito. All’indomani della chiusura del mercato di Wuhan, tra il primo gennaio e il 30 marzo 2020, i ricercatori hanno raccolto 1.380 campioni, di cui 923 di origine ambientale e 457 di origine animale, prelevati per esempio da acquari, animali randagi e merci invendute trovate in frigoriferi e congelatori. Tra i campioni ambientali, 73 sono risultati positivi per Sars-CoV-2. Dei 64 positivi raccolti all’interno del mercato, 56 (l’87,5%) sono stati prelevati nella parte più occidentale, dove l’attività di campionamento è stata più intensa perché si sospettava fosse la zona in cui venivano venduti gli animali selvatici.

Il coronavirus è stato trovato anche nelle fognature, il che suggerisce come persone e animali infetti potrebbero aver contaminato le acque reflue facilitando la diffusione del contagio. Sebbene questi dati dimostrino che Sars-CoV-2 era diffuso nel mercato di Wuhan nelle prime fasi della pandemia, non forniscono le prove dell’eventuale salto di specie del virus in questo ambiente. Secondo i ricercatori, non è ancora possibile escludere che il virus sia arrivato nel mercato attraverso persone infette o attraverso prodotti della catena del freddo.

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