Coronavirus. Virtual meeting multidisciplinare per condividere strategie e pratiche cliniche

Siamo di fronte ad una patologia completamente nuova, di cui sappiamo poco o nulla. Proprio per questo possiamo dire che in realtà non esistono degli “esperti” di Covid-19. Ci sono però degli specialisti che, confrontandosi da settimane con la malattia, imparano ogni giorno qualcosa di nuovo sull’epidemiologia della pandemia, le manifestazioni cliniche dell’infezione, l’immunità che si sviluppa in coloro che guariscono e sui farmaci, quali sono più adatti e più utili a contrastare il virus. Tutte queste conoscenze e competenze sono state condivise oggi, in occasione del meeting virtuale L’epidemia da Sars-CoV-2: una tavola rotonda Italiana, promosso da Novartis Italia. Si sono iscritti quasi 2.000 medici tra pneumologi, allergologi, infettivologi, internisti, cardiologi, dermatologi, reumatologi, neurologi, otorinolaringoiatri e medici di medicina generale.

“Da settimane siamo chiamati a rispondere alla più grande emergenza sanitaria della storia contemporanea”, ha commentato Francesco Blasi, chairman del meeting e professore ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio, Università degli Studi di Milano. In questo contesto, il confronto tra colleghi “di tutte le conoscenze che stiamo acquisendo sul campo, sia in termini di management del paziente che di organizzazione interna dei reparti e delle strutture ospedaliere, sono armi estremamente preziose”. Non solo per vincere la lotta contro la pandemia di Covid-19, ha aggiunto Blasi, ma anche per “prevenire e combattere eventuali future nuove pandemie, nella speranza che non accadano più”.

Sappiamo relativamento poco di Covid-19, ciò che è certo è che la malattia può avere manifestazioni fenotipiche molto varie. Ci sono gli asintomatici che “da un punto di vista epidemiologico rappresentano il centro del problema”, ha spiegato nel suo intervento Pier Luigi Viale, professore ordinario di malattie infettive all’Università di Bologna. Ci sono poi persone che sviluppano una sindrome cosiddetta “costituzionale”, con febbre inferiore a 38 e una varietà di sintomi, come la congiuntivite o disturbi intestinali e un profonda sensazione di stanchezza che però non soffrono di insufficienza respiratoria. Una quota rilevante va incontro a sindrome respiratoria moderata, con febbre e tosse che può evolvere, senza che il paziente se ne renda immediatamente conto e anche piuttosto rapidamente, e portare ad un’alterazione della respirazione (dispnea), prima sotto sforzo, poi anche a riposo, fino ad arrivare all’insufficienza respiratoria.

Nei casi gravi il problema non è soltanto l’infezione virale in sé per sé, ma anche la risposta immunitaria dei pazienti. In alcuni soggetti infatti “il virus rappresenta grilletto che innesca una risposta infiammatoria sregolata, una cascata citochimica impressionante e comporta danno endoteliale di gravità crescente con un’evoluzione verso lo shock settico, la disfunzione multiorgano e l’insufficienza respiratoria”, ha aggiunto Viale.

Al momento non ci sono farmaci che si possano definire efficaci e risolutivi per questa patologia: vista la rapidità e l’evoluzione della pandemia molte terapie sono state messe in atto, inizialmente, sulla base delle intuizioni dei medici e delle esperienze con altre infezioni piuttosto che sulla base di dati robusti. Molti studi clinici randomizzati sono in corso in tutto il mondo e daranno i loro risultati nei prossimi mesi, una riflessione interessante emersa dall’incontro riguarda però le tempistiche della somministrazione dei farmaci. “Non si tratta solo di quale farmaco somministrare ma anche di fornire la terapia giusta al momento giusto”, ha precisato Viale. Nelle fasi iniziali dell’infezione ha senso somministrare una terapia antivirale, successivamente però occorrono dei farmaci antinfiammatori, immunomodulanti e inibitori delle interleuchine per contrastare la reazione eccessiva del sistema immunitario e, al momento dell’insufficienza respiratoria è essenziale la qualità del supporto respiratorio. La questione dei tempi potrebbe, secondo Viale, permettere di trovare un ruolo anche per lo steroide che sembra dare risultati favorevoli all’inizio della malattia ma potrebbe risultare utile per contrastare l’infiammazione.

Per quanto riguarda la questione dell’immunità di cui si è tanto discusso bisogna essere prudenti secondo Andrea Matucci, specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica, presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze. “Non sappiamo ancora bene quanto gli anticorpi siano protettivi e per quanto tempo. In Cina sono stati riportati casi di persone infettate due volte”.

La matematica e la tecnologia possono fornire un contributo essenziale in questo contesto di crisi: sono stati sviluppati dei modelli matematici predittivi che, se applicati sistematicamente, possono permettere di anticipare l’andamento del contagio, di organizzare con maggiore efficienza i reparti di rianimazione e di supportare le scelte di organizzazione sociale e territoriale. D’altra parte, come ha ricordato nel suo intervento Andrea Cioffi, professore di comunicazione digitale presso Università Cattolica, emergono delle tecnologie che potrebbero permettere di arginare i contagi, attraverso un pre-screening di persone affette da malattie respiratorie; supportare il medico nella formulazione di una diagnosi; alleviare lo stato di sofferenza dei pazienti in quarantena attraverso la realtà virtuale e favorire la diffusione dell’informazione.

“In un momento decisivo per valutare le possibili evoluzioni dell’epidemia in corso, siamo riusciti a favorire il più ampio confronto possibile tra diversi specialisti coinvolti nella gestione dell’emergenza” ha dichiarato Gaia Panina, Chief Scientific Officier di Novartis Farma “Re-immaginare la medicina significa anche questo, trovare nuovi modi di comunicare e rendersi amplificatori di conoscenze ed esperienze. Fin dall’inizio di questa crisi sanitaria senza precedenti, Novartis ha promosso lo scambio di informazioni tra clinici ed esperti, nella convinzione che l’accesso tempestivo alle evidenze scientifiche e al know-how degli operatori sanitari sia un pilastro per una società fondata sul valore della salute. Oggi più che mai, lo scambio virtuoso di dati scientifici e pratiche cliniche rappresenta uno strumento determinante per guardare al futuro dell’Italia”.

 

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