Colesterolo LDL: non sempre scendere sotto 70 mg/dl rappresenta un vantaggio

colesterolo(Reuters Health) -Secondo uno studio osservazionale pubblicato da JAMA Internal Medicine, usare statine per ridurre i livelli di lipoproteine a bassa densità (LDL) sotto 70 mg/dL non sembra diminuire i principali eventi cardiaci avversi nei pazienti con cardiopatia ischemica stabile (IHD). “Il nostro lavoro ha affrontato la questione dei target LDL e non supporta il principio che tutti i pazienti con cardiopatia ischemica stabile siano titolati a livelli di LDL inferiore a 70 mg /dL,” spiega Morton Leibowitz del Clalit Health Services di Tel Aviv.

Anche se le linee guida dell’American Heart Association stabiliscono un trattamento intensivo dei pazienti con cardiopatia ischemica stabile piuttosto che fare riferimento ai livelli di colesterolo LDL, la Società Europea di Cardiologia raccomanda che il trattamento sia titolato per raggiungere un livello di colesterolo LDL inferiore a 70 mg/dL.

Entrambe le linee guida si basano su due studi di riferimento che hanno dimostrato un significativo miglioramento dei risultati clinici più intensi rispetto a una meno intensa terapia con le statine.

Lo studio
Leibowitz e colleghi hanno esaminato se il principio del lower is better potesse essere applicato al trattamento a lungo termine dei pazienti con cardiopatia ischemica nel contesto comunitario, valutando il rapporto tra livelli di colesterolo LDL osservati e gli esiti cardiovascolari di 31.619 pazienti con cardiopatia ischemica che avevano un’aderenza al trattamento con statine di almeno l’80%. Hanno diviso i pazienti in tre gruppi: “basso contenuto di colesterolo LDL” (70 mg dL o meno, il 29% dei pazienti), “moderato contenuto di colesterolo LDL” (70,1-100,0 md/dL, il 53% dei pazienti), “elevato contenuto di colesterolo LDL” (100,1-130,0 mg/dL, il 18% dei pazienti). Il tasso di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) è risultata simile nei gruppi ad alto e moderato livello di colesterolo LDL e un po’ più alto in quello a basso contenuto di colesterolo LDL, anche se il tasso più elevato nel gruppo basso contenuto di colesterolo LDL ha perso la significatività statistica dopo l’aggiustamento per altri fattori. Dopo la stratificazione per età, secondo i ricercatori, il rischio aggiustato di MACE non differiva tra i due gruppi basso e moderato di colesterolo LDL. Il rischio di MACE era, tuttavia, significativamente più basso nei pazienti con LDL moderato rispetto a quelli con un livello alto sia per pazienti con meno di 75 anni, sia per quelli di età superiore. I risultati sono stati simili in un’analisi propensity score-matched.

Le conclusioni
“Questo studio con oltre 30 mila pazienti con IHD aderenti al trattamento con statine ha dimostrato un più basso rischio di MACE associato a livelli di colesterolo LDL inferiori a 100 mg/dL, ma nessun ulteriore beneficio è stato dimostrato con C-LDL inferiore a 70 mg/dL. I nostri risultati – concludono i ricercatori – non forniscono il supporto per un principio generale che più il colesterolo LDL è basso meglio è per tutti i pazienti in prevenzione secondaria”.
“Nell’analisi di sensibilità che ha incluso i pazienti con aderenza minore (almeno il 50%), c’era un rischio di MACE leggermente superiore nel gruppo a basso colesterolo LDL rispetto al gruppo di LDL-C moderato – aggiungono gli esperti – Mentre questo aspetto può riflettere il rischio clinico di bassi livelli di LDL-C, le evidenze ottenute supportano ulteriormente i principali risultati di questo studio: il raggiungimento di un livello inferiore a 70 mg/dL non è vantaggioso per tutti i pazienti”.
“Il dosaggio delle statine dei pazienti deve essere impostato in base al profilo medico completo del paziente, compresa la tolleranza delle statine, la riduzione percentuale di colesterolo LDL ottenuta con le statine e la stabilità clinica, ed è conforme alle più recenti linee guida emanate dalla American College of Cardiology”, conclude  Leibowitz.

I commenti
Rita F. Redberg, della University of California di San Francisco e redattrice di ‘JAMA Internal Medicine’, è coautrice dell’editoriale che ha accompagnato la pubblicazione del lavoro “Questi risultati suggeriscono fortemente che vi è una riduzione di eventi avversi cardiovascolari maggiori per un target di LDL moderato di <100 mg/dL, ma che non ci sono ulteriori vantaggi per scendere oltre. Sono risultati importanti, perché il rischio di effetti collaterali delle statine, come dolori muscolari, stanchezza, disfunzioni cognitive e diabete, aumenta con dosi più elevate”.
“Dovremmo prescrivere statine per un target di LDL <100 mg/dl e una volta che l’obiettivo è raggiunto, non è necessario aumentare di più la dose. Dobbiamo sempore bilanciare benefici e rischi di tutti i farmaci, e questi risultati aiutano in modo significativo a farlo”, conclude l’esperta.

Fonte: JAMA Intern Med 2016

Will Boggs MD

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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