
“L’80% dei pazienti colpiti da infarto – spiega Giancarlo Marenzi, Responsabile della Terapia Intensiva Cardiologica del Monzino e coordinatore dello studio – presentano un deficit, totale o parziale, di vitamina D. Inoltre chi ha i valori più bassi sviluppa una peggiore progressione della malattia nel tempo, un aumentato rischio di mortalità e maggiori complicanze cliniche intra-ospedaliere e a un anno dal ricovero”.
“Esiste una relazione tra i livelli di questa vitamina e la salute del cuore: gli infarti, ad esempio, sono più frequenti nei mesi invernali che nei mesi estivi, e la loro incidenza nella popolazione aumenta via via che dall’equatore si sale verso il polo. Da qui l’ipotesi che ci fosse un collegamento con la vitamina D, che è attivata dal sole. I dati raccolti dimostrano l’esistenza di questo legame. Il prossimo nostro passo – conclude Marenzi – sarà indagare se e in quale misura compensare il deficit di vitamina D influenza l’esito della terapia in fase acuta. In altre parole, se l’integrazione di vitamina D può diventare una componente della cura dell’infarto”.
