Nel caso delle persone sorde dalla nascita, l’area del cervello deputata a recepire gli stimoli uditivi compensa il deficit e si mette a funzionare in modo simile alle aree dedicate alla vista. In questo modo quindi riescono a recuperano quelle informazioni legate all’identitĂ del parlante, che solitamente vengono veicolate attraverso l’udito come, ad esempio, l’etĂ , il sesso, gli stati d’animo, le emozioni che esprime o le sue intenzioni. A rivelarlo è uno studio condotto al Centro mente e cervello (Cimec) dell’UniversitĂ di Trento e pubblicato su Pnas.
Un percorso obbligato
Lo studio mostra per la prima volta che questi cambiamenti non avvengono casualmente, ma sono costretti entro specifici binari, tracciati su base genetica nel corso dell’evoluzione umana. Il cervello è dunque plastico e rigido allo stesso tempo. Ulteriore aspetto di novitĂ di questo studio – dicono i ricercatori – è la conferma che la percezione e l’elaborazione del volto e della voce avvengono nel cervello umano con alcuni meccanismi comuni, nonostante siano veicolate attraverso canali sensoriali distinti.
Esisterebbe dunque un collegamento preferenziale tra i due circuiti – visivo e uditivo – che risalirebbe a una fase precoce dell’evoluzione e dello sviluppo del cervello umano. Questo collegamento consente all’individuo di integrare volti e voci per estrarre informazioni rilevanti su identitĂ ed affettivitĂ delle persone con cui interagisce. “E’ dunque probabilmente sulla base di questo collegamento preferenziale, che il cervello riesce ad adattarsi all’impossibilitĂ di percepire l’informazione vocale, modificando le aree uditive della voce in modo che contribuiscano invece ad elaborare l’informazione del volto”, ha spiegato Stefania Benetti, del Cimec, prima autrice dello studio.