Oltre 600 professionisti della medicina di laboratorio provenienti da tutta Europa si sono ritrovati a Padova lo scorso 12 e 13 dicembre per la Padova 7th EFLM Conference on Preanalytical Phase. Al centro del confronto il miglioramento della fase preanalitica, che comprende tutte le operazioni preliminari all’analisi del campione in laboratorio, e dove si concentrano il 70% degli errori di laboratorio. Il tutto grazie a soluzioni tecnologiche personalizzate che mettono al centro il paziente, con l’obiettivo di garantire risultati più affidabili, ridurre gli errori e abilitare una vera medicina personalizzata.
Il laboratorio come “retroscena” della cura
A definire il perimetro di questa evoluzione è Mario Plebani, professore onorario dell’Università di Padova, presidente della “7th EFLM Conference on Preanalytical Phase”, e attuale presidente della EFLM, figura di riferimento internazionale nel settore. “La medicina di laboratorio è stata definita la scienza nascosta che salva la vita”, spiega Plebani. “Il paziente vede il clinico, non vede chi esegue l’esame, ma l’informazione di laboratorio oggi condiziona notevolmente le decisioni mediche”.
Plebani cita esempi concreti di questa centralità invisibile: “Pensiamo a un paziente con dolore toracico in Pronto Soccorso: un tempo si faceva l’ECG e si chiamava il cardiologo. Oggi si dosa la troponina e si sa subito se c’è un infarto. O pensiamo a un bambino con gengivorragie: un emocromo può rivelare se si tratta di una banale carenza o, purtroppo, di una leucemia. In entrambi i casi, quell’esame è fondamentale per una diagnosi tempestiva”.
Il congresso di Padova ha ribadito anche l’importanza della fase preanalitica, storicamente il tallone d’Achille del processo. “La scuola padovana è stata la prima a identificare nella fase che precede l’esame vero e proprio il momento più vulnerabile agli errori”, ricorda Plebani. Ma il futuro guarda oltre, verso l’integrazione con l’Intelligenza Artificiale e, soprattutto, verso nuovi orizzonti diagnostici. “L’innovazione più spettacolare riguarda i biomarcatori su sangue per le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer. Passare da una puntura lombare a un prelievo di sangue è una rivoluzione copernicana”.
Il triage della provetta
Tommaso Fasano, direttore della struttura complessa di Medicina di Laboratorio dell’AUSL di Modena, racconta la sfida della gestione quotidiana in un hub ad alto volume. Nel suo laboratorio, che gestisce circa 8.000 provette al giorno provenienti da 50 punti prelievo e 7 ospedali, la tecnologia è l’unica via per garantire qualità clinica.
“La digitalizzazione ci ha permesso di tracciare il paziente e conoscere esattamente i test da eseguire”, spiega Fasano, introducendo un concetto chiave per i clinici: il superamento del semplice Turnaround Time (il tempo di risposta) in favore di un approccio intelligente. “Nei laboratori ad alto volume coesistono campioni urgenti da PS e campioni di routine. Ci stiamo muovendo verso una concezione di Turnaround Time intelligente, capace di dare priorità a chi ne ha più bisogno”.
Fasano propone un parallelismo diretto con la medicina d’urgenza: “Il concetto di triage appartiene all’ambito del Pronto Soccorso. Possiamo fare qualcosa di simile anche per le provette. Sapere che un campione arriva da una sala operatoria o da una terapia intensiva deve assegnare a quella provetta un codice di priorità”. L’obiettivo è creare un ecosistema integrato: “Le condizioni cliniche del paziente (è diabetico? è oncologico?) devono essere note al laboratorio per refertare correttamente. Più informazioni condividiamo, più il servizio sarà qualificato”.
L’industria al fianco del clinico
Silvano Bertasini, General Manager di Beckman Coulter Italia, ribadisce come la tecnologia debba nascere dalla consapevolezza che “dietro una provetta c’è un paziente che attende risposte precise”. Una responsabilità che si traduce in investimenti massicci in Ricerca e Sviluppo per fronteggiare le emergenze sanitarie del futuro. “Statistiche affidabili ci dicono che nel 2050 i disordini neurodegenerativi saranno triplicati rispetto ad oggi a livello mondiale”, avverte Bertasini. La risposta è lo sviluppo di test diagnostici non invasivi ad alta sensibilità: “Beckman Coulter nel 2025 ha immesso nel mercato dei test diagnostici sulla piattaforma DxI 9000, in grado di diagnosticare la malattia di Alzheimer e di differenziarla da altri disordini neurodegenerativi. Questi test sono oggi in research use only, ma il grande impegno di Beckman è di renderli disponibili nella seconda metà del 2026 come sistemi marchiati IVDR (Dispositivi Medico-Diagnostici in Vitro), quindi in tutti i nostri laboratori, per dare un preziosissimo contributo nel monitoraggio e la diagnosi di questa malattia”.
Si tratta di una svolta che permetterà di ottenere informazioni cruciali da un semplice prelievo ematico, superando procedure più invasive. Ma l’impegno dell’azienda non si ferma qui: Bertasini sottolinea l’importanza della collaborazione con le società scientifiche per la formazione dei professionisti, fornendo loro strumenti per gestire le risorse secondo logiche di value based procurement, riconoscendo al personale di laboratorio “il valore di asset strategico del Sistema Sanitario Nazionale”.
Oltre la velocità: l’era del “First in, Smart out”
Se i biomarcatori rappresentano il futuro della diagnosi, l’impatto più immediato sull’organizzazione arriva dall’automazione, che oggi è in grado di rispondere concretamente a quella richiesta di “intelligenza” e prioritizzazione avanzata da Fasano. Thomas Coulson, Senior Global Product Marketing Manager di Beckman Coulter, conferma infatti come la sfida principale non sia più la velocità meccanica, ma la gestione dell’errore e della priorità: “Fino al 70% degli errori di laboratorio – come etichettatura errata, tipo di provetta sbagliato o volume insufficiente – si verificano nella fase pre-analitica”.
La soluzione tecnologica odierna, incarnata da sistemi come il DxA 5000, abbandona la vecchia logica logistica per abbracciare proprio quella clinica del Triage. “Passiamo dalla strategia convenzionale a una logica First in, Smart out”, spiega Coulson, chiudendo il cerchio con il parallelismo ospedaliero: “I campioni non sono processati solo in base all’orario di arrivo, ma classificati e instradati dinamicamente in base alla loro necessità clinica, esattamente come avviene in un Pronto Soccorso”.
Il sistema esegue una caratterizzazione del campione in tre secondi, ispezionando la provetta con telecamere avanzate per intercettare eventuali problemi prima che il campione entri nel flusso analitico. Questo cambio di paradigma porta quel valore aggiunto fondamentale per il medico prescrittore citato in apertura: la prevedibilità. “Per un clinico – conclude Coulson – ricevere i risultati in finestre temporali previste e coerenti è più importante della pura velocità, perché favorisce la fiducia e permette decisioni di cura tempestive”.
