Durvalumab migliora la sopravvivenza nei tumori gastrici e della giunzione gastroesofagea: i dati dello studio MATTERHORN

Al Congresso 2025 della European Society for Medical Oncology (ESMO) a Berlino, AstraZeneca ha presentato i risultati dello studio di Fase III MATTERHORN condotto in pazienti con tumore gastrico e della giunzione gastroesofagea (GEJ) resecabile, in stadio iniziale e localmente avanzato (stadi II, III, IVA).

Dallo studio è emerso come il trattamento perioperatorio con durvalumab, in combinazione con chemioterapia standard FLOT (fluorouracile, leucovorin, oxaliplatino e docetaxel), abbia portato ad un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante dell’endpoint secondario principale di sopravvivenza globale (OS) rispetto alla sola chemioterapia.

I pazienti sono stati trattati con durvalumab neoadiuvante in combinazione con chemioterapia prima dell’intervento chirurgico, seguito post-chirurgia da durvalumab adiuvante in combinazione con chemioterapia, e infine con durvalumab in monoterapia. Lo studio ha valutato questo regime rispetto alla sola chemioterapia perioperatoria.

I risultati
All’analisi finale della sopravvivenza globale, i risultati hanno mostrato che durvalumab e il regime perioperatorio FLOT avevano ridotto il rischio di morte del 22% rispetto alla sola chemioterapia (sulla base di un rapporto di rischio [HR] di 0,78; intervallo di confidenza [CI] 95% 0,63-0,96; p=0,021).

La sopravvivenza globale mediana non è stata raggiunta in entrambi i bracci dello studio. In base alle stime, il 69% dei pazienti trattati con il regime a base di durvalumab era vivo a tre anni rispetto al 62% nel braccio con la sola FLOT. Il beneficio di sopravvivenza globale osservato con il regime a base di durvalumab è risultato coerente nella maggior parte dei sottogruppi predefiniti, tra cui quello con pazienti che presentavano espressione di PD-L1.

“I nuovi dati forniti dallo studio MATTERHORN sono molto importanti e rappresentano una speranza per i pazienti affetti da tumore gastrico e della giunzione gastro-esofagea – afferma Lorenzo Fornaro, Oncologia Medica 2 Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana – Queste patologie tendono a recidivare e presentano una prognosi a lungo termine sfavorevole, nonostante il ricorso alla chirurgia con intento curativo e alla chemioterapia. Grazie al regime perioperatorio a base di durvalumab, sette pazienti su dieci sono vivi a tre anni. Il beneficio di sopravvivenza è stato riscontrato indipendentemente dallo stato di PD-L1. Questi risultati sono quindi molto incoraggianti e pensiamo che la combinazione potrebbe diventare il nuovo standard di trattamento con intento curativo”.

“Lo studio ha dimostrato come durvalumab aumenti in modo significativo e sostanziale le probabilità di guarigione – sottolinea Alessandro Pastorino, Dirigente Medico di I livello U.O. Oncologia Medica 1 IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova Il farmaco risulta essere così il primo immunoterapico ad apportare un beneficio nel setting perioperatorio in combinazione con la chemioterapia. Nel complesso la neoplasia gastrica interessa in Italia oltre 72mila persone e i tassi di sopravvivenza a cinque anni sono ancora relativamente bassi. Sono perciò quanto mai necessari trattamenti innovativi per la gestione di tutti i tumori gastrici, soprattutto quelli in stadio precoce”.

Miglioramento della sopravvivenza libera da eventi
Nello studio MATTERHORN, i risultati di un’ulteriore analisi di associazione tra le risposte patologiche e la sopravvivenza libera da eventi (EFS) ha dimostrato che ogni grado di risposta patologica è associato a un miglioramento di EFS nel braccio durvalumab rispetto al braccio standard (risposta patologica completa [pCR] HR 0,29; CI 95%: 0,08-0,96; risposta patologica maggiore [MPR] HR 0,32; 95% CI: 0,15-0,68); qualsiasi risposta patologica: HR 0,60; CI 95%: 0,46-0,79).

In aggiunta, la sopravvivenza libera da eventi è migliorata indipendentemente dallo stato patologico linfonodale al momento della chirurgia (nessun coinvolgimento linfonodale: HR 0,74; CI 95%: 0,46-1,18; coinvolgimento linfonodale: HR 0,77; CI 95%: 0,58-1,02).

In un’analisi ad interim precedentemente riportata relativa all’endpoint primario principale di EFS, i pazienti trattati con il regime perioperatorio contenente durvalumab avevano mostrato una riduzione del 29% del rischio di progressione di malattia, recidiva o morte rispetto alla sola chemioterapia (sulla base di un rapporto di rischio [HR] per EFS dello 0,71; intervallo di confidenza [CI] 95%: 0,58-0,86; p<0,001).

Il profilo di sicurezza della terapia
Al follow-up esteso, il profilo di sicurezza di durvalumab e chemioterapia FLOT è rimasto maneggevole e coerente con quanto già noto per ciascun farmaco, e la percentuale di pazienti che hanno completato l’intervento chirurgico è risultata simile a quella del braccio con la sola chemioterapia. Gli eventi avversi derivanti dalla terapia di Grado ≥3 sono stati simili in entrambi i bracci.

Come agisce durvalumab
Durvalumab è un anticorpo monoclonale umano diretto contro PD-L1, che blocca l’interazione di PD-L1 con PD-1 e CD80, contrastando i meccanismi di immuno-evasione messi in atto dal tumore e consentendo la riattivazione del sistema immunitario.

Nell’ambito dei tumori gastrointestinali durvalumab è approvato nel tumore delle vie biliari (BTC) localmente avanzato o metastatico in prima linea, in combinazione con chemioterapia, e nel carcinoma epatocellulare (HCC) avanzato non resecabile in prima linea, in combinazione con tremelimumab. Inoltre durvalumab è approvato in monoterapia nel carcinoma epatocellulare non resecabile in Giappone e nell’Unione Europea.

Post correlati

Lascia un commento



Homnya Srl | Partita IVA: 13026241003

Sede legale: Via della Stelletta, 23 - 00186 - Roma
Sede operativa: Via della Stelletta, 23 - 00186 - Roma
Sede operativa: Via Galvani, 24 - 20099 - Milano

Popular Science Italia © 2025