Tecnologia 3D in medicina: strumenti, ambiti applicativi e ricadute cliniche

Era il 1972 quando l’Ingegnere britannico Godfrey Hounsfield da origine alla tecnologia che da lì a breve diventerà una delle invenzioni più importanti della storia della medicina: la tomografia assiale computerizzata (TAC) in grado di ricostruire un organo nello spazio tridimensionale. Proprio per questa invenzione pochi anni dopo, nel 1979, Hounsfield vincerà il premio Nobel per la medicina insieme al fisico Allan Cormack.

L’introduzione di una tecnologia così importante nel contesto della medicina degli ultimi anni del 1900 fu un evento di straordinaria rilevanza le cui ricadute positive sulla salute del pianeta oltre che sulle possibilità diagnostiche e di cura sono ad oggi evidenza scientifica. La possibilità di fare indagini diagnostiche con un approccio tomografico consentiva a medici e scienziati di guardare all’interno del corpo umano quasi come se si fosse all’interno di una sala settoria, cosa fino ad allora impossibile. La tomografia, ossia quella tecnologia biomedica in grado di ricostruire nello spazio dei singoli piani di un organo aventi uno spessore e una dimensione precisa, è stata pertanto una delle invenzioni più straordinarie della storia della medicina moderna.

Ricostruzione 3D da immagini Cardio-CT di un cuore con Difetti Interventricolari Multipli. Il vantaggio dell’uso delle ricostruzioni 3D immersive nel contesto cardiochirurgico risiede nella possibilità di navigare l’organo del paziente virtualmente per comprendere al meglio le relazioni anatomiche delle zone oggetto di studio.

Tra le innumerevoli caratteristiche diagnostiche che la TAC ha introdotto nella routine clinica c’è sicuramente la tridimensionalità che non è nient’altro che l’approccio naturale con cui ognuno di noi guarda e vive il proprio mondo. Conosciamo tutti molto bene i vantaggi e i limiti delle metodiche radiologiche 2D in cui lo spazio anatomico osservato nelle immagini radiografiche non è nient’altro che la rappresentazione di un intero volume dell’organo irradiato, rappresentazione la cui leggibilità è condizionata sia dai limiti intrinseci della metodica nel rappresentare adeguatamente i tessuti biologici di interesse e sia dai limiti dovuti alla bidimensionalità dell’osservazione. Caratteristica quest’ultima che ha condotto a ricercare lo sviluppo di una metodica di osservazione radiologica 3D del corpo umano. Già negli anni 70, forse inconsciamente, la volontà degli scienziati era quella di “virtualizzare” il paziente per poterlo osservare con attenzione con i tempi richiesti da una valutazione clinica radiologica, come se il paziente virtualizzato fosse sempre a disposizione del medico che, grazie alla visualizzazione 3D offerta dalla tomografia computerizzata, poteva osservare il suo paziente dall’interno (ma anche dall’esterno) esattamente come se il paziente fosse, di fatto, trasparente.

Questa enorme possibilità diagnostica apre le porte alla tecnologia 3D in medicina che oggi è diventata una vera e propria routine clinica in molti ospedali del mondo che, grazie alle tecnologie 3D innovative, riescono a garantire ai propri pazienti un livello di assistenza clinica migliore in grado di fare la differenza nella diagnosi e nel trattamento delle patologie complesse.

Ad oggi la ricostruzione 3D di un organo può essere ottenuta attraverso l’uso di tre principali tecniche di imaging:

  1. La Tomografia Assiale Computerizzata (TAC)
  2. La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN)
  3. Ecografia

Trattandosi di tecnologie diagnostiche intensivamente diffuse in tutto il mondo è evidente che non c’è un limite strumentale nell’ottenere dei modelli 3D di organi e pertanto attraverso l’opportuno uso di specifici software informatici oggi qualsiasi ospedale del mondo può essere in grado di ricostruire in 3D le parti anatomiche desiderate di uno specifico paziente.

Stampa 3D di cardiopatie congenite complesse. Modello stampato con tecnologia di stampa FDM in termopolimero bianco. Il modello è stato utilizzato per la pianificazione pre-operatoria dell’intervento chirurgico dal team chirurgico.

La finalità dell’uso del 3D in medicina è principalmente clinica. Tali ricostruzioni anatomiche infatti hanno la capacità di migliorare la comprensione di alcune patologie d’organo complesse difficilmente valutabili solo ricorrendo alla radiologia tradizionale. Dalla valutazione tridimensionale di una patologia complessa deriva un orientamento chirurgico specifico. Non è raro infatti che tali modelli anatomici possano cambiare la strategia chirurgica inizialmente prevista dal clinico. In un contesto multidisciplinare tipico dei reparti ospedalieri ad alta complessità la rappresentazione 3D dell’anatomia paziente-specifica diventa anche uno strumento fondamentale per la comunicazione tra medici e tra medici e operatori sanitari di ausilio.

La fruizione pratica nel contesto clinico di routine dei modelli anatomici 3D può avvenire:

  1. Virtualmente: utilizzando cioè modelli anatomici tridimensionali immersivi navigabili dall’operatore tramite un monitor;
  2. Fisicamente: utilizzando la Stampa 3D per produrre tali modelli e renderli fisicamente disponibili nelle mani dei chirurghi e degli operatori sanitari interessati al caso clinico.
Uso della stampa 3D per la riproduzione dell’osso mascellare di un paziente tramite stampa 3D.
La finalità del modello stampato è quella di pre-formare i dispositivi di osteo-distrazione (distrattori ossei) sul modello stampato per poi applicarli già formato direttamente sul paziente.
Questo tipo di protocollo pre-operatorio consente un risparmio del 40% dei tempi operatori.

La crescente rilevanza di questa tecnologia nell’ambito della diagnosi e della cura dei pazienti pone un’accesa discussione internazionale sulla regolamentazione normativa dei prodotti derivanti dall’introduzione della tecnologia 3D e dell’additive manufacturing in medicina. In particolare è oggetto di discussione l’appartenenza dei modelli anatomici stampati in 3D alla definizione di “dispositivo medico” prevista dal nuovo regolamento sui dispositivi medici 2017/745 (MDR) entrato in vigore a Maggio 2021 il quale ad oggi sicuramente disciplina in maniera stringente l’uso dei software utilizzati per la produzione di tali modelli ma non caratterizza nettamente dal punto di vista normativo il risultato finale che con tali software viene prodotto e cioè proprio i modelli anatomici. E’ plausibile tuttavia attendersi che la normativa in tal senso si orienterà nel considerare “dispositivi medici” tutti i modelli anatomici tridimensionali stampati in 3D che contribuiscono attivamente alla pianificazione chirurgica di casi clinici orientando quindi le scelte chirurgiche del medico.

Come qualsiasi altra prestazione clinica anche la realizzazione di modelli anatomici 3D, sia essa virtuale fruibile tramite un monitor oppure reale fruibile tramite una stampa 3D, deve necessariamente essere soggetta a un criterio stringente di appropriatezza. L’obiettivo primario di un centro di elaborazione 3D inserito in un contesto ospedaliero è quello di mettere tale tecnologia a supporto delle decisioni cliniche per il bene dei pazienti ma senza strizzare l’occhio alla spettacolarizzazione della metodica. Essendo infatti la rappresentazione anatomica 3D (specie la stampa 3D di parti anatomiche) una applicazione che stimola molto la curiosità degli operatori sanitari che trovano tale metodica particolarmente affascinante è di fondamentale importanza ricondurre tutto questo interesse all’interno di un contesto rigido di appropriatezza. Questo è fondamentale per evitare che la curiosità e la spettacolarizzazione del 3D in medicina mettano in ombra le ricadute cliniche tangibili sul paziente che tali tecnologie consentono di ottenere.

di

Aurelio Secinaro, Responsabile Radiologia Toracica e Cardiovascolare Avanzata, Coordinatore del Laboratorio 3D, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

Luca Borro, Ingegnere Biomedico, Laboratorio 3D, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma 

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