Sclerosi Multipla. Per clinici e pazienti serve meno ospedale e più territorio. Le riflessioni a Camerae Sanitatis

Si stima che in Italia 130 mila persone convivano con la Sclerosi multipla (SM), una malattia cronica, imprevedibile e progressivamente invalidante che colpisce il sistema nervoso centrale. Colpisce le donne con un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini e fa registrare 3.600 nuove diagnosi ogni anno. La Sclerosi multipla viene diagnosticata tra i 20 e i 40 anni nel pieno dell’età lavorativa e con un fortissimo impatto sulla qualità di vita. Tra costi diretti e indiretti si stima una spesa totale annua della malattia pari a circa 6 miliardi di euro (dati Aism 2021).

Come accaduto per tante altre patologie, il Covid ha messo a dura prova le persone con Sclerosi Multipla. Secondo i dati del Barometro della Sclerosi Multipla 2021 dell’Aism, il 12% delle persone con SM ha deciso di non ricevere tutte le cure per ridurre il rischio di contagiarsi e nei momenti più critici dell’emergenza il 42% non ha ricevuto i servizi sanitari di cui ha avuto necessità, nonostante il grande impegno della Rete dei Centri Clinici per la SM. Inoltre due persone con SM su 3 segnalano di non aver ricevuto l’assistenza domiciliare necessaria.

Ma la verità è che la pandemia “non ha fatto altro che mettere in evidenzia criticità già esistenti”. Lo ha evidenziato Claudio Gasperini, coordinatore del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla della Società Italiana Neurologia e Direttore UOC di Neurologia e Neurofisiopatologia dell’Ao S. Camillo-Forlanini di Roma, intervenendo all’ultima puntata di Camerae Sanitatis, il format editoriale multimediale nato dalla collaborazione tra l’Intergruppo parlamentare Scienza & Salute e SICS editore.

La puntata di Camerae Sanitatis del 29 novembre è stata, infatti, dedicata proprio ai pazienti con SM nell’attuale situazione di trasformazione del SSN, dopo la pandemia. L’obiettivo è stato fare il punto della situazione per comprendere come l’assistenza a questi pazienti possa migliorare grazie alle riforme in essere e, contestualmente, la loro qualità di vita.

A confrontarsi, nel corso dell’incontro moderato da Ester Maragò (Quotidiano Sanità) sono stati, oltre a Claudio Gasperini e all’On. Angela Ianaro, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Scienza&Salute, la Sen. Paola Boldrini, Vicepresidente XII Commissione permanente Igiene e Sanità; Mario Alberto Battaglia, Presidente Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, Professore Ordinario di Igiene e Sanità Pubblica dell’Università di Siena; Raffaella Cramarossa, Government Affairs Lead di Roche Italia; Rossana Mariniello, Direzione generale della programmazione sanitaria, Ufficio 5 – Livelli essenziali di assistenza, assistenza territoriale e sociosanitaria del Ministero della Salute; Antonio Scarazzini, Government Affairs Manager di BMS Italia; Paolo Ursillo, Dirigente Medico Ufficio Monitoraggio Performance Sanitarie, Agenas.

Il primo aspetto condiviso tra gli ospiti è stata la convinzione, come ha detto l’On. Angela Ianaro aprendo il dibattito, che la Sclerosi Multipla sia “il paradigma delle patologie croniche e dunque della capacità del sistema di presa in carico delle cronicità”.

Questo perché, come spiegato da Claudio Gasperini, la SM è “una patologia cronica ad alta complessità, che evolve nell’arco della vita, con un aumento della disabilità e dunque dei bisogni sanitari e sociali”.

La capacità di risposta dell’attuale sistema riporta ancora molte aree di miglioramento. “Già prima della pandemia esistevano criticità nella presa in carico in ambito ospedaliero, ma soprattutto era evidente l’assenza di un integrazione tra ospedale e territorio, al punto che quando il paziente non è stato più nelle condizioni di recarsi in ospedale, se ne sono in alcuni casi perse le tracce”, ha detto Gasperini.

Per Gasperini la priorità è “costruire, all’interno della disciplina, in questo caso neurologica, delle reti specifiche, come nel caso della SM. Una rete in grado di comunicare e condividere le expertise nei vari centri di SM, per rispondere ai nostri pazienti”. Per il coordinatore del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla della Società Italiana Neurologia, le parole chiave per la costituzione di un Pdta nazionale per la SM devono essere, appunto, “connessione, collaborazione, utilizzazione e condivisione delle expertise”.

“Quanto parlo di rete – ha precisato Gasperini – mi riferisco a vari attori: l’ospedale e il territorio, ma anche a domicilio”, che in questo ultimo ambito li coordinatore del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla della Società Italiana Neurologia ha evidenziato il ruolo che può rivestire la telemedicina anche per permettere agli specialisti di comunicare tra loro.

Questa visione più globale, nella quale rientra la SM ma anche altre patologie, consentirebbe, secondo Gasperini, anche di dare una risposta al “sovraffollamento delle strutture ospedaliere”. É il tema della “delocalizzazione”, quindi “di strutture sul territorio in cui possano essere date delle risposte di tipo clinico assistenziale ma anche terapeutico – per quelle terapie a bassa intensità -, in modo da dare risposte al pazinete senza appesantire l’ospedale che, altrimenti, rischia di dare un cattivo servizio anziché il buono che è chiamato a dare”

Insomma, anche la Sclerosi Multipla ha reso evidente, come nel caso di altre patologie, quanto sia urgente potenziare l’assistenza sul territorio e creare una connessione tra gli attori del sistema. Un modello in rete, capace di integrare i servizi e far collaborare tutti i professionisti di cui il paziente ha bisogno.

Tra i servizi troppo spesso dimenticati, ma ricordati nel corso di Camerae Sanitatis, c’è quello della riabilitazione: “Il 65% dei pazienti – dicono i dati Aism – non trova risposte adeguate, rimane il problema della diffusa mancanza di piani riabilitativi individuali, e durante la pandemia il 32%dei pazienti più gravi indica che sono stati sospesi i servizi di riabilitazione domiciliare e l’11% si è dovuto pagare le sedute di riabilitazione attingendo ai risparmi propri o familiari per evitare i danni derivanti dalla sospensione dei trattamenti”.

Il presidente Fism, Mario Alberto Battaglia, ha voluto poi porre l’accento sulle conseguenze del calo di diagnosi e dell’assistenza negli anni della pandemia per tutti i pazienti con SM: “Tutto quello che non è stato fatto avrà effetti nel lungo termine. La maggior parte delle persone con SM rischiano di sviluppare più disabilità e in tempi più brevi di quanto non sarebbe accaduto con l’accesso ai servizi di diagnosi e assistenza”. Battaglia ha voluto sottolineare lo sforzo compiuto dai Centri clinici, che tuttavia non è stato sufficiente.

Anche per il presidente Fism, in definitiva, la parola d’ordine è territorio: “E’ lì che vanno sviluppati i servizi, anche per i pazienti più gravi, garantendo un approccio multidisciplinare, interdisciplinare e personalizzato, facilmente connesso all’ospedale”. Soprattutto, per Battaglia, va colmato il divario sul territorio, “perché nascere in una regione piuttosto che in un’altra non può continuare ad essere una discriminante”.

Anche per questo è stato istituito, a fine 2020, presso l’Agenas, un Gruppo di lavoro sulla sclerosi multipla (SM). L’obiettivo principale è quello di definire una proposta per la costituzione di una rete di centri per la cura e la riabilitazione della SM, integrando, appunto, i servizi tra ambito ospedaliero e territoriale, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Tra i compiti del gruppo di lavoro è prevista anche la definizione di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale e Riabilitativo.

Un ambito fondamentale su cui intervenire, per Paolo Ursillo, Dirigente Medico dell’Ufficio Monitoraggio Performance Sanitarie di Agenas, dovrà poi essere quello delle innovazioni e della digitalizzazione, a cominciare dalla telemedicina. “Accessi ai servizi più semplici, veloci e agili miglioreranno la qualità di vita dei pazienti e dei famigliari, ma consentiranno anche una riduzione dei costi indiretti della patologia”, ha evidenziato. Andrà poi rilanciato il ruolo del Distretto, “che diventerà sempre più protagonista dell’assistenza sul territorio”.

Ursillo, comunque, si è detto ottimista. Perché “se è vero che la pandemia ha fatto emergere carenze e criticità, ha anche consentito di individuare i punti su cui intervenire per dare nuovo impulso ai diversi nodi del sistema”. Per il dirigente medico dell’Agenas “si sta costruendo il percorso giusto che dovrebbe riuscire a consentire alla medicina territoriale di compiere un positivo passo in avanti”.

Per Rossana Mariniello saranno le risorse messe in campo con il Pnrr a fare la differenza e consentire di “concretizzare” quel modello di efficienza che, ha sottolineato, “era già ampiamente previsto in diversi atti da tempo”. La SM, ha precisato Mariniello, “è stata inserita tra patologie croniche e invalidanti. Già il Dpcm 12 gennaio 2017 sui Nuovi Lea prevedeva importanti novità a favore di questi pazienti: esenzioni e l’accesso a dispositivi di assistenza protesica, tra cui supporti informatici e ausili per la comunicazione”. La novità, per la Dirigente del Ministero della Salute, risiede nella opportunità reale di portare a compimento quanto già previsto negli atti passati grazie alle risorse oggi a disposizione, a fronte di finanziamenti che “in passato non sono stati costanti”. E forse neanche sufficienti.

Mariniello si è detta convinta che i fondi del Pnrr giocheranno un ruolo importante anche nel superamento delle forti disomogeneità tra Regioni. “Queste difformità – ha sostenuto – nascono dalle necessità di Spending Review. Le disposizioni, i modelli assistenziali proposti, erano uguali per tutti, ma le Regioni partivano da blocchi di partenza diversi. Non è un caso se le maggiori difficoltà di realizzazione dei progetti si siano registrati nelle Regioni con problemi economico finanziari più gravi”.

La senatrice Paola Boldrini ha quindi fatto sapere che l’Intergruppo parlamentare sulla cronicità, nato nei mesi scorsi, è già al lavoro per elaborare una proposta di revisione del Piano nazionale cronicità (Pnc) che, sebbene adottato nel 2016, non ha prodotto in tutte le Regioni gli effetti sperati. Per Boldrini il Pnc “è stato antesignano di Pnrr Missione 6, puntando sulla domiciliarità e la presa in carico del paziente. Ma è rimasto in gran parte sulla carta”. La senatrice ha quindi assicurato che, nel corso dell’elaborazione della proposta, “sarà data attenzione a tutte le criticità e a tutti i bisogni segnalati dai pazienti ed emersi anche durante il Covid”.

La senatrice ha poi evidenziato l’urgenza di un sistema di monitoraggio che sia davvero attento ai risultati. “Altrimenti rischiamo di continuare a scrivere tante belle pagine che però non producono soluzioni per i pazienti”. A proposito Boldrini ha spiegato che in Commissione Igiene e Sanità del Senato è stato approvato un Odg al Bilancio per chiedere finanziamenti destinati a migliorare il monitoraggio per piano cronicità e sullo stesso tema è arrivato anche un emendamento. “E poi – ha concluso Boldrini – serve più attenzione a un approccio di genere sulla Sm, così come occorre fare ricerca, per l’individuazione di nuove terapie innovative, che rappresentano la migliore arma per i pazienti”.

Parlando di ricerca, ma non solo, Raffaela Cramarossa, Government Affairs Lead di Roche Italia, ha evidenziato le potenzialità della collaborazione pubblico-privato. “La ricerca è una parte fondamentale nella lotta alle patologie, ma come azienda siamo interessati a costruire una partnership a 360 gradi con tutti gli attori del sistema, cioè associazioni di pazienti, istituzioni, società scientifiche”. Questo perché “l’innovazione terapeutica deve essere inserita in un ecosistema in grado di garantire massima qualità delle cure, valorizzazione delle risorse e sostenibilità del sistema, appropriatezza organizzativa e prossimità al paziente”. “Prossimità al paziente” e “partecipazione alla definizione dell’ecosistema da parte di tutti gli attori” sono gli obiettivi da perseguire, per Cramarossa.

Le aziende inoltre, ha spiegato la manager di Roche Italia, “guardano con molto interesse alle opportunità aperte dal Pnrr e alla riforma della continuità assistenziale tra ospedale e territorio”. Ma perché questo salto in avanti possa compiersi, ha evidenziato Cramarossa, “sarà necessario garantire l’interoperabilità dei sistemi digitali e un investimento sulle competenze, sulle professionalità e sul lavoro in equipe. Si tratta di una nuova modalità di lavoro che richiederà dei tempi di adeguamento.”.

Fondamentale, secondo Antonio Scarazzini, Government Affairs Manager di BMS Italia, sarà poter calare i nuovi percorsi e modelli di cura all’interno dell’offerta di setting assistenziali così come definiti dal PNRR, andando a potenziare l’integrazione tra la dimensione ospedaliera, territoriale e domiciliare. In questo senso, sarà importante interpretare anche l’utilizzo della componente digitale e della telemedicina come una parte pienamente integrante del perocrso di cura, da utilizzare secondo criteri di appropriatezza. 

In generale, la vera sfida del rapporto tra pubblico e privato è quindi quella di collaborare per collocare l’innovazione tecnologica nel setting più appropriato, ossia laddove venga ad essere massimizzato il valore aggiunto per il paziente e la massima efficienza per il servizio sanitario.

La Sclerosi Multipla, in particolare, potrà quindi sperimentare un’evoluzione nel senso di un’integrazione fra i diversi setting, mantenendo un perno all’interno dei centri clinici per la gestione dell’alta complessità ma iniziando ad ampliare alcuni servizi sul territorio attraverso un rafforzamento del modello di rete. 

Per questo saranno fondamentali la condivisione e la circolazione di competenze professionali e multidisciplinari.

A proposito di professionisti, la senatrice Paola Boldrini ha chiuso gli interventi assicurando il proprio impegno a “insistere affinché, nei prossimi provvedimenti, si possa parlare di nuove assunzioni. Ma che siano a tempo, altrimenti non assisteremo ad altro che alla professionalità che cresce e poi si allontana, vanificando gli sforzi compiuti”.

Lucia Conti

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