Ictus: trombectomia endovascolare meglio della trombolisi farmacologica

ictus(Reuters Health) – Da una nuova metanalisi condotta negli Usa, emerge che la terapia endovascolare per l’ictus offre benefici importanti in ogni classe di età e a ogni stadio di gravità dell’ictus che colpisce il paziente. “La trombo- embolectomia endovascolare meccanica nei pazienti con blocchi di grandi vasi nel cervello è efficace rispetto alla terapia medica standard. Le prove a sostegno di questa conclusione sono particolarmente forti quando il trattamento è iniziato entro sei ore dall’insorgenza dei sintomi”, ha dichiarato Tudor Jovin, autore principale dello studio, professore associato di neurologia e neurochirurgia e direttore del UPMC Stroke Institute presso il University of Pittsburgh Medical Center in Pennsylvania. Questa tecnica non dovrebbe essere sospesa in base all’età, né in base a cambiamenti ischemici modesti  o severi rilevati al basale  con la tomografia computerizzata (CT), e neppure in base a deficit clinici moderati o gravi. T “La metanalisi ha fornito la conferma dei benefici per quanto riguarda alcuni sottogruppi di pazienti, come ottuagenari, pazienti inammissibili al trattamento endovenoso con alteplase, e per quelli con un infarto cerebrale di dimensioni moderate alla TAC pre-procedura. – ha aggiunto Jovin – Il vantaggio è sostanziale. Per ogni 100 pazienti trattati, più di 38 avranno un livello inferiore di disabilità con trattamento endovascolare rispetto alla terapia standard, che comprende alteplase endovena, e più di 20 conserveranno un’autonomia funzionale come risultato di questo trattamento. Non molti trattamenti della medicina moderna riescono a raggiungere questo livello di efficacia.”

La metanalisi
Jovin e colleghi hanno formato la HERMES collaboration, accorpando i dati dei trial randomizzati MR CLEAN, ESCAPE, REVASCAT, SWIFT PRIME, EXTEND IA, che avevano indagato se la trombectomia dopo ictus ischemico acuto riducesse o meno i tassi di disabilità, rispetto alle terapie mediche standard in diverse popolazioni. In particolare il team di Jovin ha analizzato i dati individuali di 634 pazienti che hanno ricevuto una trombectomia endovascolare entro 12 ore dall’insorgenza dei sintomi e 653 controlli che hanno ricevuto le terapie standard. Hanno così evidenziato  che la trombectomia endovascolare ha portato a ridurre in modo significativo la disabilità a 90 giorni rispetto al controllo (Odds ratio 2.49, p <0,0001). Il criterio prefissato come soglia per trattare i pazienti con trombectomia endovascolare e ridurre la disabilità per ogni paziente era di almeno un livello superiore a 2.6 nella Rankin Scale modificata. I criteri d’inclusione che sostenevano il trattamento con la trombectomia endovascolare, per il controllo delle disabilità, sono stati trovati in pazienti con 80 anni e più anziani (Cor 3,68); nei pazienti randomizzati a più di 300 minuti dopo l’insorgenza dei sintomi (1,76); e in quelli non ammissibili a trattamento con alteplase ev (2.43). La mortalità a 90 giorni, il rischio di ematomi e di emorragia parenchimale intracranica sintomatica, erano simili in tutte le popolazioni considerate.

Tuttavia, Jovin ha sottolineato che l’evidenza di un beneficio nei pazienti randomizzati a più di 300 minuti dopo l’insorgenza dei sintomi era relativamente debole, perché il numero effettivo dei pazienti era piccolo, rispetto ai pazienti randomizzati entro 300 minuti dall’insorgenza dei sintomi. Jovin ha anche sottolineato che attualmente pochi pazienti con ictus ricevono questo trattamento anche perché arrivano in ospedale troppo tardi e il cervello è stato già troppo danneggiato per beneficiare di questo trattamento. Questo studio ha potuto evidenziare con forza l’efficacia del trattamento di trombo-embolectomia endovascolare proprio perché  sono sati raggruppati i dati di altri studi con compionature di piccole dimensioni. I medici dovrebbero dunque essere sensibilizzati a queste opzioni di trattamento dell’ictus con spandimento massivo in modo da informare i pazienti e i familiari ad arrivare prima possibile a un centro d’emergenza attrezzato.

Fonte: Lancet 2016

Lorraine L. Janeczko

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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