Ictus: il buon esito è legato a tempo e organizzazione dell’intervento

ictus(Reuters Health) -Secondo i risultati del SWIFT PRIME thrombectomy trial, condotto in Canada e pubblicato da Radiology, nel trattamento di trombectomia endovascolare dopo un ictus, l’organizzazione di un flusso di lavoro concentrato  su obiettivi temporali aggressivi può portare a migliori risultati. “A nostro avviso, ogni centro qualificato di terapia endovascolare dovrebbe funzionare continuamente per migliorare il flusso di lavoro,” ha detto Mayank Goyal dell’Università di Calgary ad Alberta in Canada. “Tutto questo richiede un lavoro di squadra e una elaborazione parallela. Inoltre, a nostro avviso è estremamente importante mantenere ad un buon livello i dati sul flusso di lavoro e risultati e chiarire un’eventuale formazione di restringimenti nel flusso di lavoro per poi risolverli”. E ha aggiunto che le misure specifiche volte a ridurre gli intervalli di tempo più rilevanti e  un feedback diretto e in tempo reale del flusso di lavoro hanno portato a miglioramenti e risultati migliori nei pazienti sottoposti ad intervento percutaneo coronarico, dopo infarto miocardico.

Lo studio
Nel SWIFT PRIME trial i ricercatori hanno inteso verificare se con miglioramenti del flusso di lavoro simili a quelli ottenuti dopo l’infarto miocardico, si potessero ridurre i tempi di riperfusione e aumentare i tassi di indipendenza funzionale, tra i pazienti con ictus ischemico acuto trattati con la trombectomia endovascolare più iniezione endovenosa di fattore tissutale di attivazione del plasminogeno (tPA),  rispetto a quelli trattati con il solo tPA endovena. Il tempo imposto dalla acquisizione dell’immagine alla localizzazione del punto dove praticare il foro inguinale  era stato fissato a <70 minuti, ed è stato raggiunto nel 61% dei pazienti. La metà dei pazienti ha avuto la foratura dell’inguine nel raggio di 52 minuti dall’acquisizione delle immagini di identificazione, e l’88% dei pazienti ha raggiunto il tempo massimo specificato dal protocollo di trombectomia che doveva essere inferiore a 90 minuti.

I risultati
Si è così dimostrato che per i pazienti nel gruppo della trombectomia che hanno raggiunto la riperfusione entro 150 minuti dall’esordio dei sintomi, la probabilità di indipendenza funzionale era del 91%. Questa probabilità è scesa di circa 10 punti percentuali nel corso successivi 60 minuti e di 20 punti percentuali per ogni successivo ritardo di 60 minuti. Inoltre in alcuni vasi gli intervalli di tempo tra l’insorgenza dei sintomi e la puntura all’inguine erano significativamente più lunghi per i pazienti che inizialmente sono arrivati ​​in un centro di riferimento (275 minuti) rispetto ai pazienti che hanno presentato i sintomi direttamente nel centro qualificato per i trattamenti endovascolari (179,5 minuti). In sostanza lo studio ha, dunque dimostrato, da un lato la possibilità di ottimizzazione  dei tempi del flusso di lavoro durante un trattamento trombectomia endovascolare e dall’altro, l’efficacia di tale ottimizzazione sugli esiti osservati nei pazienti: il tempo che intercorre tra il momento della comparsa dei sintomi e il momento dell’intervento endovascolare resta comunque un determinante rilevante degli esiti sul paziente.

Fonte: Radiology 2016

Will Boggs MD

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Sciences) 

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