È vero, lo stress può far venire i capelli bianchi. Come?

“Egli era molto pallido, e tremava leggermente. I suoi capelli, grigi al momento dell’arrivo ad Arras, erano ormai completamente bianchi. Erano sbiancati in un’ora”. Forse i capelli non incanutiscono in un’ora, come è successo a Jean Valjean, protagonista de I Miserabili di Victor Hugo. È vero però, che lo stress, la tensione, l’ansia, possono provocare l’imbiancamento dei capelli, e un gruppo di ricercatori di Harvard potrebbe aver scoperto come: provocando la riduzione, al livello dei follicoli piliferi, del numero di cellule staminali responsabili della rigenerazione dei melanociti, le cellule che producono melanina e pigmentano pelle e capelli.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, mostra come lo stress possa avere un effetto diretto sulle cellule del corpo.

Alla base dei capelli, a livello del follicolo pilifero ci sono delle cellule staminali del follicolo e delle cellule staminali dei melanociti, di solito quiescenti, che, nelle fasi di crescita del capello, si moltiplicano e si differenziano nelle cellule mature per rigenerare il capello colorato. Per scoprire l’effetto dello stress su questo sistema, i ricercatori hanno condotto una serie di esperimenti su dei topi dal pelo nero.

La prima cosa da fare era assicurarsi che ci fosse un legame tra stress e colore del pelo, gli animali sono stati quindi sottoposti a vari tipi di stress, che hanno provocato la classica risposta allo stress che consiste nella liberazione di cortisone e noradrenalina, e anche incanutimento precoce dei peli. L’imbiancamento dei peli era dovuto, hanno scoperto gli autori, ad una riduzione molto significativa o addirittura alla scomparsa, delle cellule staminali dei melanociti. Senza queste cellule non c’era nulla che potesse conferire una colorazione al pelo.

Cosa provoca questa riduzione? I possibili colpevoli presi in considerazione dai ricercatori sono stati proprio cortisolo e noradrenalina, secreti in gran quantità in risposta allo stress. Dagli esperimenti è risultato che la liberazione eccessiva della noradrenalina, e non del cortisolo, da parte dei neuroni del sistema nervoso simpatico, fosse la causa della diminuzione del numero delle staminali. Il sistema nervoso centrale provoca la famosa risposta lotta o fuggi in risposta ad un pericolo, reazione considerata positiva per la sopravvivenza. “In questo caso, però, lo stress acuto provoca l’esaurimento permanente delle cellule staminali”, ha spiegato Bing Zhang, autore principale dello studio.

I ricercatori hanno osservato al microscopio che le terminazioni nervose del sistema simpatico raggiungono quasi i bulbi piliferi. In questa sede rilasciano noradrenalina, la quale, hanno scoperto, stimola una proliferazione a dir poco eccessiva dei melanociti staminali, i quali si differenziano in cellule mature e migrano, proprio come avviene nei momenti di crescita del capello. In questo caso però, la percentuale di cellule che migra è così importante che il numero di staminali si riduce notevolmente o del tutto. E il processo è irreversibile.

“Dopo pochi giorni, tutte le cellule staminali che rigenerano i pigmenti sono perse. Una volta sparite, non è più possibile rigenerare il pigmento. Il danno è permanente.” Ha commentato Ya-Chieh Hsu, Professore associato di Stem Cell and Regenerative Biology ad Harvard e autore senjor dello studio.

Non ci sono ancora prove sufficienti del fatto che questi meccanismi siano gli stessi che agiscono negli uomini, d’altra parte i processi coinvolti nei topi (la produzione di pigmenti da parte delle cellule staminali e l’azione dei nervi del sistema simpatico), sono molto simili a quelli osservati negli uomini. I ricercatori hanno anche mostrato che la noradrenalina provoca la proliferazione eccessiva delle cellule staminali dei melanociti umani coltivate in laboratorio, proprio come è stato osservato negli animali.

“Comprendendo esattamente come lo stress influenza le cellule staminali che rigenerano il pigmento, abbiamo posto le basi per capire come lo stress influisce su altri tessuti e organi del corpo”, ha sottolineato Hsu. E questo “è il primo passo critico verso la messa a punto di un eventuale trattamento che possa arrestare o invertire, l’impatto negativo dello stress. Abbiamo ancora molto da imparare in questo settore”.

Credit immagine principale: Hsu Laboratory, Harvard University

Credit infografica: Judy Blomquist, Harvard University

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