Dolore: meglio la stimolazione spinale a circuito chiuso

(Reuters Health) – Un nuovo studio controllato randomizzato mostra che la stimolazione spinale a circuito chiuso – rispetto alla stimolazione a circuito aperto – riduce maggiormente la sintomatologia e l’uso dei farmaci in pazienti con dolore alla schiena e alle gambe cronico e intrattabile.

Il lavoro scientifico, pubblicato su The Lancet Neurology, ha testato un dispositivo che misura i potenziali evocati d’azione composti (ECAP) e regola automaticamente la stimolazione corrente per l’attivazione costante del midollo spinale.

“Si tratta di uno studio importantissimo che cambia le carte in tavola nel campo della neuromodulazione”, osserva l’autore principale, Nagy Mekhail della Cleveland Clinic in Ohio. “Questa è la prima volta che possiamo ascoltare il midollo spinale, parlare ai neuroni e avere una terapia interattiva”.

La stimolazione spinale è usata per trattare il mal di schiena e mal di gambe cronico da oltre 50 anni. Circa la metà dei pazienti vengono trattati con successo, cioè fanno registrare una riduzione del dolore di almeno il 50%.

Un importante aspetto negativo della stimolazione fissa, indicano gli autori, è il fatto che i normali movimenti del corpo modificano costantemente la distanza tra l’elettrodo e il midollo spinale, causando grandi differenze nell’attivazione del midollo stesso.

Il Sistema Evoke, oggetto dei test del nuovo studio, mira a evitare questo problema misurando i potenziali evocati d’azione composti (ECAP) con ogni impulso erogato e modulando la stimolazione corrente, per mantenere l’attivazione del midollo spinale nella finestra terapeutica del paziente.

Lo studio
Dopo i risultati promettenti di uno studio a singolo braccio in pazienti con sindrome da fallimento della chirurgia della colonna vertebrale, i ricercatori hanno randomizzato 134 pazienti di 13 cliniche statunitensi a ricevere una stimolazione a circuito chiuso controllata da ECAP con il Sistema Evoke o una stimolazione a circuito aperto a output fisso con lo stesso sistema.

A tre mesi, l’82,3% del gruppo del circuito chiuso aveva raggiunto l’esito primario della riduzione di minimo il 50% del dolore, rispetto al 60,3% del gruppo del circuito aperto (P=0,005).

A un anno, l’83,1% dei pazienti sottoposti a stimolazione a circuito chiuso e il 61,0% di quelli riceventi una stimolazione a circuito aperto presentavano una riduzione di almeno il 50% del dolore (P=0,006).

I pazienti che avevano ricevuto la stimolazione a circuito chiuso manifestavano anche miglioramenti più decisi in termini di umore e salute mentale. Tra quelli che all’inizio dello studio usavano oppiacei, il 55% dei soggetti del gruppo del circuito chiuso sono riusciti a ridurre o a cessarne l’assunzione rispetto al 40% delle controparti.

Circa il 60% dei partecipanti allo studio presentavano sindrome da fallimento della chirurgia della colonna vertebrale, mentre il resto non aveva ricevuto trattamenti chirurgici. “Lo studio sottolinea che esiste una determinata popolazione di pazienti che potrebbe beneficiare della neuromodulazione senza passare per la chirurgia e le sue possibili comorbilità e ciò farebbe risparmiare alla società un ingente quantitativo di denaro”, conclude Mekhail.

Fonte: Lancet Neurology
Anne Harding
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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