Tumore mammario: primo raffronto fra i test riscontra variabilità

Il primo raffronto di sempre fra i test impiegati nella gestione dei tumori mammari in fase precoce ha dimostrato un’ampia variabilità nella performance prognostica dei test. Essi vengono impiegati per prevedere le recidive della malattia e fornire una guida sulle scelte terapeutiche, come sulle circostanze in cui applicare la chemioterapia adiuvante o la scelta della durata della terapia.

Come affermato da Ivasa Sestak della Queen Mary University di Londra, autrice dello studio, questo primo raffronto fornisce a medici ed oncologi l’opportunità di revisionare i risultati e decidere quale test impiegare per le pazienti con tumore mammario.

Nelle pazienti con patologia linfonodo-positiva, i ricercatori suggeriscono il test BCI, ROR o Epclin. La combinazione di modelli genomici e clinici ha dimostrato un miglioramento della performance prognostica specialmente nelle pazienti con 1-3 linfonodi coinvolti, e pertanto potrebbe costituire l’approccio di scelta per il processo decisionale in questo gruppo di pazienti.

Con un rischio di recidiva a distanza di 10 anni inferiore al 6%, la chemioterapia è di beneficio limitato in queste pazienti. Oltre ai livelli di espressione genica associati ai rispettivi profili, i test ROR ed Epclin comprendono anche informazioni cliniche, come dimensioni del tumore e numero di linfonodi positivi.

La combinazione delle informazioni cliniche e molecolari migliora la performance prognostica, specialmente nelle donne linfonodo-posirive. In un’era in cui le donne ricevono terapie endocrine preventive, essere in grado di predire accuratamente il rischio di recidiva è più importante che mai, e potrebbe tradursi nella possibilità di terminare la terapia endocrina dopo 5 anni, mentre nelle donne a rischio di recidive tardive proseguire la terapia endocrina potrebbe rappresentare un’opzione valida. (Lancet Oncol online 2018, pubblicato il 15/2 doi:10.1001/jamaoncol.2017.5524)

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