Influenza: come l’immunità individuale ne guida l’evoluzione

Un nuovo studio condotto negli Stati Uniti getta luce su un aspetto ancora poco esplorato dell’influenza stagionale: la variabilità dell’immunità anticorpale tra le persone potrebbe influenzare direttamente quali ceppi virali finiscono per prevalere in una popolazione. La ricerca, pubblicata su eLife come Reviewed Preprint, ha applicato una tecnica innovativa – tecnologia di sequenziamento del DNA denominata “sequenziamento Illumina” -per analizzare in modo sistematico la risposta immunitaria a diversi ceppi H3N2, tra adulti e bambini.

Un test ad alta produttività per mappare gli anticorpi
Alla base dello studio c’è un test di neutralizzazione ad alto rendimento, sviluppato dai ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Center e dell’Università di Washington. Il sistema permette di misurare in parallelo l’efficacia di campioni di siero (la componente del sangue che contiene anticorpi) nel bloccare 78 varianti di virus influenzale, tra ceppi circolanti nel 2023 e vaccini recenti.
Ogni virus è stato ingegnerizzato con una proteina emoagglutinina (HA) distintiva, etichettata con un “codice a barre” genetico. Grazie al sequenziamento Illumina, il team ha potuto ottenere oltre 11.000 misurazioni individuali su 150 campioni di siero.

Un’immunità sorprendentemente eterogenea
I dati mostrano che l’immunità all’influenza è tutt’altro che uniforme. Nei bambini alcune risposte anticorpali si sono rivelate ampie ed efficaci, mentre altre molto più deboli. Negli adulti l’immunità è apparsa più omogenea, ma comunque variabile. Le risposte migliori sono state osservate in un sottogruppo di bambini, che accredita ulteriormente il ruolo importante dell’esposizione precoce ai virus nel plasmare le difese immunitarie. “Le differenze nelle storie di infezione e vaccinazione fanno sì che l’immunità di gruppo rappresenti un mosaico complesso”, spiega Caroline Kikawa, coautrice dello studio, “I metodi tradizionali sono troppo lenti per catturare questa variabilità. Noi abbiamo voluto superare questo limite”.

Più un ceppo sfugge, più si diffonde
La parte più interessante dello studio riguarda l’evoluzione virale. Utilizzando modelli statistici, gli autori hanno messo in relazione i titoli di neutralizzazione con la capacità dei ceppi di diffondersi durante la stagione influenzale 2023.

I ceppi che maggiormente sfuggivano agli anticorpi circolanti erano anche quelli che crescevano più rapidamente in frequenza. Un segnale chiaro: la capacità di “schivare” il sistema immunitario rende il virus più competitivo. Non solo: i risultati si mostravano più deboli quando i ricercatori aggregavano i sieri anziché analizzarli singolarmente. Segno evidente che l’immunità media può nascondere importanti variazioni individuali. “È la diversità immunitaria – e non solo la media – a contare davvero nell’evoluzione del virus”, sottolinea Andrea Loes, prima autrice dello studio.

Verso una nuova concezione dei sistemi di sorveglianza
Sebbene il campione fosse limitato a specifiche aree geografiche (Seattle, Filadelfia, Australia), il dataset rappresenta uno dei più ampi mai prodotti per collegare immunità anticorpale e dinamiche evolutive dell’influenza.

Per Jesse Bloom, autore senior e ricercatore HHMI, lo studio apre la strada a nuove possibilità. “Questi dati potrebbero potenziare i sistemi di sorveglianza e guidare le scelte sui vaccini stagionali, con una comprensione più precisa dell’immunità della popolazione”, afferma Bloom. In sintesi, lo studio suggerisce che monitorare la variabilità immunitaria individuale – e non solo aggregata – potrebbe diventare cruciale per anticipare e contenere l’evoluzione dei virus influenzali. Un passo avanti verso una prevenzione più personalizzata e reattiva.

Fonte: eLife

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