Francesco Panegrossi
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’idea di realizzare il progetto “PSP BEA” è nata dalla raccolta dei roadblock sul territorio e dall’identificazione dei bisogni dei pazienti. Questo approccio ha permesso di comprendere le difficoltà concrete che i pazienti affrontano nella gestione quotidiana delle loro patologie.
Il progetto si rivolge a pazienti affetti da:
Queste condizioni hanno un impatto significativo sulla qualità della vita, sia dal punto di vista psicologico che sociale. BEA nasce con l’obiettivo di ridurre questo impatto negativo, promuovendo un maggior benessere psicofisico e un migliore outcome clinico per i pazienti coinvolti.
Potrebbe descriverlo brevemente?
Il supporto psicologico previsto dal progetto “PSP BEA” è pensato per accompagnare il paziente in trattamento con un prodotto Pfizer lungo tutto il percorso di cura, offrendo un sostegno concreto nella gestione degli aspetti emotivi legati alla malattia. Il programma prevede otto sessioni di counseling psicologico da remoto, ciascuna della durata di un’ora. Prima dell’inizio del ciclo di incontri, lo psicologo effettua una valutazione preliminare per comprendere le esigenze specifiche del paziente e definire gli obiettivi da raggiungere. Questo approccio personalizzato consente di adattare il supporto alle diverse fasi della malattia e ai vissuti individuali. Al termine del percorso, i risultati vengono condivisi con il clinico per garantire continuità e integrazione nel trattamento. Inoltre, il paziente è invitato a compilare un questionario di gradimento, utile per monitorare l’efficacia del servizio e raccogliere feedback.
Che risultati avete o volete raggiungere?
Il “PSP BEA” è stato approvato per i farmaci abrocitinib e ritlecitinib e ha già ottenuto risultati concreti: è attivo in 10 regioni italiane, coinvolge 34 medici specialisti e 21 reparti clinici distribuiti sul territorio a fronte di 42 pazienti ad oggi supportati.
Tra gli obiettivi di breve termine:
Guardando al futuro, il “PSP BEA” aspira a diventare un modello di riferimento per il supporto psicologico integrato nella gestione di patologie complesse, contribuendo al benessere globale del paziente e al miglioramento degli outcome clinici.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
Nel prossimo futuro, ci sono ancora diverse aree su cui intervenire per rafforzare e ampliare l’efficacia del programma e il benessere dei pazienti. Tra gli obiettivi principali:
Qual è l’aspetto principale del Patient Support Program che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Nei prossimi anni, l’aspetto principale dei Patient Support Program sarà la capacità di integrare in modo sinergico personalizzazione e digitalizzazione. Questa evoluzione sarà fondamentale per rispondere in maniera sempre più efficace ai bisogni specifici dei pazienti, offrendo un supporto che non si limiti alla gestione della patologia, ma che tenga conto anche delle dimensioni emotive, relazionali e sociali del percorso di cura.
In questo contesto, il “PSP BEA” rappresenta già oggi un modello evoluto, capace di anticipare questa trasformazione.