Emanuela Errichiello
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’idea di realizzare il progetto “Fabry’s Kitchen”, nasce dal CCMR della Campania guidato dal Professor Limongelli, in collaborazione con AIAF (Associazione Italiana Anderson Fabry) con il contributo non condizionante di CHIESI Global Rare Diseases. Il progetto nasce dalla volontà di realizzare un percorso alimentare educativo pensato per le persone affette da malattia di Fabry. L’idea nasce dalla valutazione di quanto sia importante il ruolo della nutrizione, sia nell’ambito della general population che ancor più nelle persone affette da malattie da accumulo lisosomiale. Proposta: L’iniziativa prende forma dalla consapevolezza dell’importanza della nutrizione, sia per la general population che, ancor più, per le persone affette da malattie da accumulo lisosomiale, nel miglioramento dello stato di salute.
Potrebbe descriverlo brevemente?
Tale progetto si propone di redigere un ricettario, una mini-guida all’educazione alimentare specifica per le persone con Malattia di Fabry, per aiutarli a conoscere le caratteristiche degli alimenti e a preparare piatti gustosi da condividere anche nel piacere della convivialità. Fino ad oggi, non era disponibile uno strumento che fornisse indicazioni alimentari specifiche per le persone affette da Malattia di Fabry, e, solo di recente la figura del nutrizionista ha iniziato ad assumere un ruolo importante nella presa in carico multidisciplinare di queste persone. Con questo ricettario si propone alle persone con Malattia di Fabry di adottare un regime alimentare studiato per alleviare la sintomatologia gastrointestinale presente nel 50% dei pazienti e che influisce negativamente sulla loro qualità di vita e socialità.
Che risultati avete o volete raggiungere?
Abbiamo raggiunto un importante risultato educando le persone con malattia di Fabry ad un corretto stile di vita alimentare. In qualunque ambito di patologia è fondamentale il dialogo con i pazienti per mettere in luce quelli che sono i bisogni insoddisfatti, sia dal punto di vista clinico che sulla qualità di vita degli stessi, per aprire a percorsi sanitari e istituzionali più vicini alle esigenze dei pazienti stessi.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
In questo ambito c’è sicuramente ancora tanto da fare. L’alimentazione insieme a corretti stili di vita sono alla base della prevenzione primaria. Occorrerebbe iniziare da un’educazione alimentare fin dalla prima infanzia e, quindi, si dovrebbero realizzare dei progetti educativi nelle scuole Primarie. E di sicuro in ambito malattie Rare gli unmet need sono ancora maggiori dove promuovere un approccio multidisciplinare e multifattoriale, sia in ambito diagnostico che terapeutico, diventa essenziale per una diagnosi tempestiva e management appropriato.
Qual è l’aspetto principale del Communication Project che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Secondo me, nei prossimi anni il vero valore dei progetti di comunicazione sarà determinato da tre elementi chiave: autenticità, trasparenza e capacità di adattamento. Questo significa che noi, come aziende, dobbiamo comunicare in modo chiaro e sincero, mettendo al centro le persone e i valori reali che ci guidano. La comunicazione dovrà essere accessibile, empatica e capace di parlare a interlocutori diversi, mantenendo sempre coerenza e credibilità. Solo così potremo costruire relazioni solide e progetti che rispecchiano davvero l’identità dell’azienda e il suo impegno verso la comunità.