Camilla Marconetti
Antonio De Feudis
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’idea de “I 10 Comandamenti” è arrivata dall’esterno, ma ci ha subito convinti: parlava la stessa lingua che cercavamo da tempo per affrontare il tema della prevenzione oncologica. In Italia si tende a viverla come un atto di rinuncia, sotto forma di “ordini” o prescrizioni mediche, spesso percepite come fredde e distanti: “tu devi smettere”, “tu non devi fare”. La proposta sposava in pieno la nostra prospettiva: trasformare la prevenzione in un atto di cura, empatico e accessibile, che entra nella vita delle persone senza giudicarle, ma soprattutto raccontando storie. Il progetto si rivolge a un duplice pubblico: da un lato il grande pubblico, con l’obiettivo di sensibilizzare e coinvolgere anche le fasce più giovani; dall’altro gli oncoematologi che hanno trovato nel podcast uno strumento innovativo per diffondere messaggi complessi in una forma semplice e diretta.
Potrebbe descriverlo brevemente?
“I 10 Comandamenti” è un podcast narrativo che racconta le dieci regole fondamentali della prevenzione oncologica. Ogni puntata affronta un tema cruciale — dal non fumare al proteggersi dal sole, dall’alimentazione equilibrata agli screening — ma lo fa con leggerezza, ironia e storytelling, grazie alla voce di due conduttori (Fotios Loupakis e Aureliano Stingi) e al contributo di esperti oncologi. Non è una lezione frontale, ma un viaggio fatto di storie, curiosità e consigli concreti. È un progetto pilota, pensato per sperimentare un nuovo linguaggio: intimo, diretto, capace di abbattere barriere culturali e di portare i messaggi di prevenzione direttamente nelle orecchie delle persone mentre cucinano, guidano o camminano. Il Podcast, rilasciato su Spotify, prevedeva dieci puntate: il lancio della prima “Non fumare” nel giorno della giornata mondiale del Tumore al polmone, e poi ogni martedì le successive.
Che risultati avete o volete raggiungere?
I numeri ci dicono che la direzione è quella giusta. Il podcast ha raggiunto oltre 39.000 streams, con più di 11.000 ore di ascolto, una retention media del 62% e oltre 3.000 follower. Non solo: ci siamo ritrovati nella classifica generale dei podcast più ascoltati in Italia, scalandola fino alla trentesima posizione, in mezzo a intrattenimento e musica. Questo ci ha dato la misura di quanto un tema come la prevenzione, se raccontato con il linguaggio giusto, possa arrivare lontano. Anche la sponsorizzata di Spotify ha confermato la forza del progetto: oltre 300.000 customer raggiunti (70% nella fascia tra i 30 e 60 anni e 7% tra i 20 e i 30 anni) e circa 800.000 impressions, il Click To Rate (CTR) sulla reach dell’1.1% (contro un benchmark dello 0,4%) e dello 0.53% sulle impressions. Questi dati testimoniano una grande share of voice e una forte capacità di attrazione verso target diversi, compresi i giovani tra i 23 e i 27 anni, difficili da ingaggiare quando si parla di salute. Il progetto non si ferma qui. I conduttori stanno ora lavorando all’uscita di un libro che possa raccontare, tramite un canale ancora differente, la prevenzione sotto forma di storie.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
La sfida della prevenzione oncologica in Italia è enorme: nonostante un tumore su tre sia evitabile, meno del 50% della popolazione aderisce ai programmi di screening gratuiti. È evidente che i canali tradizionali da soli non bastano. Crediamo che ci sia ancora molto da fare per sfruttare appieno gli strumenti digitali. Dai podcast ai social, passando per nuove piattaforme e linguaggi, il futuro è nella capacità di portare messaggi scientifici in spazi sempre più vicini alle persone, con contenuti personalizzati, dinamici e coinvolgenti. L’innovazione digitale è il veicolo per ridurre la distanza tra la medicina e la quotidianità.
Qual è l’aspetto principale del Digital Project che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Il futuro dei progetti digitali in ambito salute sarà definito dalla loro capacità di arrivare davvero alle persone. Non si tratta solo di produrre contenuti, ma di renderli accessibili, comprensibili e capaci di generare fiducia. Per le aziende significa imparare a comunicare in modo meno istituzionale e più umano, investendo su linguaggi che parlino la lingua dei cittadini. Significa anche saper integrare più canali, sperimentare nuove forme di interazione e usare i dati non solo per misurare, ma per migliorare l’esperienza. In una frase: il digitale diventerà sempre più ponte tra scienza e vita quotidiana. E progetti come “I 10 Comandamenti” sono la prova che questo ponte può essere solido, empatico e capace di cambiare comportamenti.