Cabiria Reina
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’idea del progetto “Sapori. Legami. Autonomia” nasce dall’ascolto profondo della comunità delle persone con SLA, una malattia neurodegenerativa rara che progressivamente priva il corpo della sua autonomia. Tra i sintomi più impattanti e spesso sottovalutati c’è la disfagia, che colpisce 3 pazienti su 4 già nei primi stadi della malattia, rendendo dolorosa e frustrante un’attività fondamentale come il nutrirsi. Per molti pazienti, questo significa perdere anche il piacere del pasto in compagnia e, con esso, una parte essenziale della propria socialità. Da qui l’intuizione: usare il cibo non solo come strumento nutrizionale, ma come leva di benessere emotivo e relazionale. Il progetto è frutto della collaborazione tra AISLA, Slafood, Zambon Italia e i Centri Clinici NeMO. Si rivolge a pazienti, caregiver, clinici e al grande pubblico, per sensibilizzare sull’impatto della disfagia e proporre soluzioni pratiche, inclusive e condivisibili.
Potrebbe descriverlo brevemente?
Il cuore dell’iniziativa è una selezione di ricette a consistenza modificata, firmate dagli chef Cristian Benvenuto, Roberto Carcangiu e Roberto Valbuzzi, pensate per essere sicure, gustose e facili da preparare. Non si tratta solo di un menù, ma dell’inizio di un percorso: il progetto include la distribuzione cartacea e digitale del ricettario, una campagna di awareness multicanale e un talk dedicato (“Un piatto in faccia alla SLA”).
Che risultati avete o volete raggiungere?
I risultati sono già significativi: oltre 560 uscite media, più di 61 milioni di contatti raggiunti, ampia visibilità su stampa e social, oltre 3 milioni di persone raggiunte dalla diretta del talk. Ma il numero più importante è quello del numero di pazienti che possiamo nel tornare a sedersi a tavola, restituendo loro il piacere del gusto, dei legami familiari e della condivisione.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
È necessario lavorare sul piano della consapevolezza: il legame tra SLA, disfagia e qualità della vita è ancora poco noto. Serve continuare a investire nella formazione, creare strumenti concreti per il quotidiano dei pazienti e promuovere una presa in carico multidisciplinare che includa anche la dimensione alimentare.
Qual è l’aspetto principale della Patient Advocacy Campaign che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Nei prossimi anni, la Patient Advocacy dovrà sempre più integrare scienza e umanità, costruendo alleanze tra pazienti, professionisti, imprese e istituzioni. L’aspetto più rilevante sarà la co-creazione: ascoltare i bisogni reali delle persone e trasformarli in soluzioni tangibili, capaci di restituire dignità, autonomia e qualità della vita. “Sapori. Legami. Autonomia” è un esempio concreto di questa visione, dove la cura passa anche attraverso un piatto condiviso.