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Marstacimab

Federica Innocenti

Un farmaco a somministrazione sottocutanea settimanale tramite penna preriempita per il trattamento dell’emofilia A e B. È l’anticorpo monoclonale Marstacimab, e a realizzarlo è Pfizer. Abbiamo approfondito l’argomento con Federica Innocenti, Sr. Brand Manager.

Qual è l’impegno della sua azienda in questa area terapeutica?
L’impegno di Pfizer per il progresso nella cura dell’emofilia ha inizio oltre 40 anni fa con l’introduzione di terapie sostitutive dei fattori della coagulazione e il supporto a molteplici iniziative finalizzate al miglioramento del patient journey. Con l’evolvere del panorama terapeutico e dei bisogni dei pazienti emofilici, Pfizer ha mantenuto il suo impegno nella ricerca di trattamenti che non solo prevengano gli episodi di sanguinamento tipici di questa malattia rara, ma che consentano anche una gestione più efficace della patologia e una migliore partecipazione alla vita quotidiana. Da questo impegno nasce marstacimab, un anticorpo monoclonale che si propone di offrire protezione dai sanguinamenti con una semplice somministrazione sottocutanea settimanale tramite penna preriempita e un dosaggio fisso. 

A chi si rivolge il vostro prodotto?
Marstacimab è attualmente indicato per la profilassi di routine degli episodi di sanguinamento in pazienti affetti da emofilia A grave senza inibitori del fattore VIII o da emofilia B grave senza inibitori del fattore IX, di età pari o superiore a 12 anni e con peso di almeno 35 kg. Grazie alla sua somministrazione settimanale sottocutanea con auto-iniettore e al dosaggio fisso, marstacimab non richiede di essere ricostituito o dosato in base al peso, rappresentando una terapia valida per tutti i pazienti eleggibili su cui grava il carico delle infusioni endovenose e che potrebbero beneficiare di un trattamento pratico e poco invasivo.  

Perché ritiene sia innovativo?
Marstacimab ha un meccanismo d’azione innovativo che si distingue dalle terapie standard. Anziché sostituire i fattori della coagulazione carenti, il farmaco agisce sull’inibitore della via del fattore tissutale (TFPI), uno dei meccanismi naturali dell’organismo che inibisce il processo di coagulazione del sangue. Agendo sulla via estrinseca della cascata coagulativa, marstacimab mira a ristabilire l’equilibrio emostatico offrendo una combinazione di protezione dai sanguinamenti, buona tollerabilità e somministrazione semplice. È il primo anti-TFPI approvato in UE per il trattamento dell’emofilia A e B, nonché il primo farmaco per l’emofilia con somministrazione tramite penna preriempita. Per le persone idonee affette da emofilia B, rappresenta il primo trattamento profilattico sottocutaneo a somministrazione settimanale. 

Che risultati avete o volete raggiungere?
I primi risultati positivi di marstacimab sono emersi dallo studio pivotale di Fase 3 BASIS, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza del farmaco in pazienti di età pari o superiore a 12 anni con emofilia A o B grave senza inibitori. Nello studio, marstacimab ha ridotto in modo significativo il tasso di sanguinamento annualizzato (ABR) del 35,5% durante la fase di trattamento attivo di 12 mesi, dimostrando non inferiorità e superiorità statistica rispetto alla profilassi di routine a base di fattori. Lo scorso luglio Pfizer ha anche annunciato i risultati topline positivi di Fase 3 per marstacimab nell’emofilia A o B con inibitori, un primo passo per rispondere al bisogno di pazienti con anticorpi che neutralizzano la maggior parte delle terapie fattoriali. Con queste premesse, un prossimo risultato che ci prefiggiamo è rendere disponibile il farmaco in Italia ai pazienti eleggibili. Marstacimab è in commercio in classe C(nn) dal 21 luglio 2025, ma il nostro obiettivo è l’accesso rapido ed equo al farmaco in regime di rimborsabilità. 

Quali ritiene siano gli unmet needs di questa area terapeutica?
Sebbene i pazienti emofilici oggi abbiano un’aspettativa di vita paragonabile a quella del resto della popolazione, sono ancora diversi i bisogni clinici e terapeutici insoddisfatti. I sanguinamenti, soprattutto nelle articolazioni, possono causare danni permanenti (artropatia cronica) e disabilità. Diviene sempre più centrale la ricerca di soluzioni che riducano il numero e la gravità di questi episodi, anche quelli spontanei o lievi. Inoltre, ancora molti pazienti si trovano a gestire la loro condizione con frequenti infusioni endovenose, con conseguenze negative per l’aderenza alla terapia e un impatto tangibile sulla qualità di vita. Anche lo sviluppo di inibitori rappresenta un ostacolo nel garantire un trattamento efficace e una buona qualità di vita ai pazienti. Gli inibitori sono anticorpi che inattivano il fattore somministrato con le terapie standard, rendendo il trattamento inefficace e aumentando il rischio di sanguinamenti gravi, soprattutto nelle articolazioni.



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