Valentina Gattaino
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’idea nasce dall’ascolto delle pazienti, e da una riflessione condivisa tra i team medico, marketing ed eventi: com’è possibile che una patologia così diffusa come il fibroma uterino sia ancora trattata in modo frammentario, sia nella pratica clinica che nella comunicazione?
Abbiamo voluto creare un progetto che unisse aggiornamento scientifico, racconto esperienziale e sensibilizzazione, rivolgendoci alla classe medica con una proposta che tocca sia la mente che la sfera emotiva.
Potrebbe descriverlo brevemente?
“Il Fil Blanc del Fibroma” è un programma formativo che si articola in due momenti: un evento ECM con contenuti scientifici di alto livello sui fibromi uterini e le più recenti opzioni terapeutiche – con un focus anche sugli approcci integrativi validati dalla ricerca – e un evento emozionale, pensato per trasformare la conoscenza in esperienza, attraverso la performance artistica. Il filo conduttore è il “bianco”, simbolo di libertà per tante donne che, convivendo con i fibromi, evitano questo colore per paura delle perdite ematiche. Il gesto di indossare il bianco, condiviso da tutti i partecipanti, ha rappresentato un momento collettivo di consapevolezza e impegno.
Che risultati avete o volete raggiungere?
Abbiamo raggiunto un importante traguardo in termini di coinvolgimento: oltre 120 specialisti presenti, otto KOL, un format che ha saputo coniugare contenuto scientifico e impatto emotivo. Il nostro obiettivo non è solo aggiornare i medici, ma offrire strumenti per rafforzare il legame con le pazienti e aumentare la sensibilità rispetto a una patologia spesso sottovalutata. Vogliamo che la formazione lasci il segno, che diventi occasione di trasformazione.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
C’è ancora molta strada da fare nella personalizzazione del trattamento e nella diffusione delle terapie meno invasive. Serve più formazione, più confronto tra specialisti, ma anche più spazio all’ascolto delle pazienti. Inoltre, va superata la tradizionale separazione tra contenuti scientifici e comunicazione emozionale: solo integrando questi due mondi possiamo costruire una medicina davvero centrata sulla persona.
Qual è l’aspetto principale dell’ECM Education Program che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Credo che nei prossimi anni la sfida sarà trasformare l’aggiornamento scientifico in un’esperienza memorabile. I contenuti da soli non bastano: serve creare contesti che favoriscano il dialogo, l’empatia, il ricordo. L’integrazione tra rigore e narrazione sarà sempre più importante per stimolare l’apprendimento e favorire un cambiamento concreto nella pratica clinica.