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Preferenze di trattamento nella leucemia linfatica cronica

Chiara Cernetti

Il progetto “Preferenze di trattamento nella leucemia linfatica cronica” si propone di supportare decisioni terapeutiche condivise e basate su criteri oggettivi e multidimensionali, utilizzando un approccio MCDA (Multi-Criteria Decision Analysis) per la selezione dei trattamenti di prima linea nei pazienti con CLL (Chronic Lymphocytic Leukemia). Realizzato da BeOne, ne abbiamo parlato con Chiara Cernetti, Direttore Market Access. Referente del progetto Sara Manurita, Senior Market Access Manager.

Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
BeOne è un’azienda farmaceutica globale che vuole ‘fare squadra’, consapevole che le sfide che il Sistema Salute ci impone non si possano affrontare da soli. L’idea di questo progetto è nata dalla crescente complessità nella scelta del trattamento di prima linea per i pazienti affetti da Leucemia Linfatica Cronica (CLL), in particolare considerando le numerose opzioni terapeutiche oggi disponibili, ciascuna con profili diversi di efficacia, sicurezza, costo e modalità di somministrazione. Il progetto si rivolge a un’ampia platea di stakeholder del sistema salute italiano — clinici, pazienti, farmacoeconomisti e decisori istituzionali — con l’obiettivo di supportare decisioni condivise e basate su criteri oggettivi e multidimensionali. 

Potrebbe descriverlo brevemente?
Si tratta di uno studio basato sulla metodologia MCDA (Multi-Criteria Decision Analysis), sviluppata secondo le linee guida ISPOR, con il coinvolgimento di un gruppo multi-stakeholder italiano (clinici, pazienti e payer). Lo studio ha definito e pesato i principali criteri per selezionare le terapie di prima linea per la CLL, distinguendo i casi con IGHV mutato e non mutato. Sono stati analizzati trattamenti raccomandati dalle linee guida ESMO e rimborsati in Italia, come inibitori della BTK (acalabrutinib, ibrutinib, zanubrutinib) e le combinazioni venetoclax-obinutuzumab e venetoclax-ibrutinib valutandoli rispetto a sei criteri principali, tra cui efficacia, sicurezza e qualità della vita. 

Che risultati avete o volete raggiungere?
Lo studio ha già prodotto risultati concreti, evidenziando come l’efficacia e la sicurezza siano i criteri più rilevanti per tutti gli stakeholder, indipendentemente dallo stato mutazionale di IGHV. Inoltre, ha permesso di identificare differenze nelle preferenze tra gruppi (ad esempio, la durata del trattamento è risultata prioritaria per i clinici nei pazienti con IGHV mutato).  

In termini di preferenze aggregate: 

  • IGHVmut: venetoclax + ibrutinib (66.0) e zanubrutinib (65.3) hanno ottenuto i punteggi più alti. 
  • IGHVunmut: le opzioni di trattamento preferite sono risultate zanubrutinib (79.2) e acalabrutinib (77.7). 

Questi risultati possono contribuire a una maggiore trasparenza nelle scelte terapeutiche, alla personalizzazione delle cure e a una più efficiente allocazione delle risorse sanitarie. 

Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
C’è ancora molto da fare per rendere sistematico l’uso di strumenti come l’MCDA nei processi decisionali sanitari. È importante integrare maggiormente le preferenze dei pazienti, rendere i dati di real-world evidence più accessibili e aggiornati, e promuovere una cultura della decisione condivisa basata su evidenze multidimensionali. Inoltre, andrebbero rafforzati i momenti di dialogo strutturato tra stakeholder e le attività di formazione sull’uso di strumenti valutativi complessi. 

Qual è l’aspetto principale del Market Access & Pubblic Affair che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Nei prossimi anni sarà fondamentale il passaggio da un approccio centrato sul prodotto a un approccio centrato sul valore generato per il paziente e per il sistema. BeOne crede molto in questo significa che il Market Access dovrà integrare evidenze cliniche, preferenze dei pazienti, impatti economici e organizzativi. Inoltre, alla luce della nuova regolamentazione europea, sarà sempre più importante affiancare agli studi clinici tradizionali strumenti di valutazione comparativa delle opzioni terapeutiche disponibili, per supportare in modo più solido e trasparente la scelta sia dei payer sia dei clinici. Parallelamente, il Public Affairs dovrà costruire alleanze strategiche con istituzioni e stakeholder per promuovere modelli di accesso sostenibile, trasparente e territorialmente omogeneo, specialmente in ambiti complessi come l’onco-ematologia.



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