Francesca Caporali
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’iniziativa nasce dal confronto con clinici e Associazioni di pazienti con encefalopatie dello sviluppo ed epilettiche (DEE), tra cui le sindromi di Lennox-Gastaut (LGS) e Dravet (DS) e il Complesso della Sclerosi Tuberosa (TSC). Questo dialogo ha messo in luce i bisogni ancora insoddisfatti di medici, famiglie e caregiver che vivono quotidianamente la gestione di queste malattie. Le DEE sono patologie neurologiche rare che esordiscono precocemente, caratterizzate da crisi epilettiche spesso resistenti ai farmaci, associate a disturbi cognitivi, motori e comportamentali. Il loro impatto va oltre le crisi: riguarda la qualità di vita del paziente e della famiglia, spesso coinvolta in un’assistenza continua. In tale contesto, è essenziale fornire informazioni chiare, tempestive, supporto psicologico e continuità assistenziale. Il Patient Support Program (PSP) è stato quindi sviluppato per offrire un supporto pratico, informativo ed emotivo ai pazienti, agevolare le attività operative dei clinici e favorire il coinvolgimento attivo e indipendente delle famiglie nel percorso terapeutico. Questa iniziativa riflette lo scopo di Jazz Pharmaceuticals: innovare per migliorare la vita dei pazienti e delle loro famiglie affetti da patologie con soluzioni limitate o assenti, affinché possano vivere la loro vita in modo più completo.
Potrebbe descriverlo brevemente?
Il nostro PSP risponde ai bisogni quotidiani dei nostri pazienti con DS, LGS e TSC con l’obiettivo di alleggerire il carico di famiglie e clinici con strumenti pratici. Un pilastro è l’assistenza infermieristica da remoto personalizzata che monitora l’aderenza terapeutica, controlla il peso per adattare il dosaggio e fornisce consigli specifici su stile di vita e benessere. Questo crea un punto di riferimento umano e competente per pazienti e famiglie e migliora l’efficienza clinica, liberando il medico da richieste operative che il team infermieristico può gestire. Il programma include un portale educativo 24/7 con materiale informativo e suggerimenti per migliorare la gestione della terapia e la qualità della vita, dando alle famiglie empowerment e risposte sempre accessibili. Inoltre, quando il medico lo ritiene opportuno, si può attivare la consegna domiciliare del farmaco per garantire continuità di cura anche in situazioni di fragilità o difficoltà logistiche.
Che risultati avete o volete raggiungere?
I risultati finora sono molto positivi. Il programma coinvolge centri clinici distribuiti nella maggior parte delle regioni italiane, assicurando una copertura capillare e facilitando l’accesso alla cura anche in aree a bassa prevalenza. Il Patient Care Center ha gestito in soli sei mesi quasi mille contatti telefonici con pazienti e caregiver, instaurando un dialogo costante e strutturato. Sono stati effettuati molti interventi di tutorship infermieristica personalizzata e numerose consegne e ritiri del farmaco. Questi primi risultati confermano che il PSP è uno strumento prezioso per alleggerire il carico familiare, sostenere i clinici e favorire l’aderenza alla terapia, ponendo al centro le persone e la qualità della loro vita.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
Visti i risultati incoraggianti continueremo il PSP con l’obiettivo di migliorarlo e ampliarlo: è importante estendere la copertura a più centri e territori per offrire supporto ad un numero maggiore di pazienti. In parallelo continueremo a raccogliere e analizzare dati per ottimizzare il programma, adattandolo alle esigenze emergenti e garantendo un impatto positivo sempre maggiore.
Qual è l’aspetto principale del Patient Support Program che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Il futuro del PSP è nella personalizzazione del supporto, adattato alle esigenze di pazienti e famiglie. Inoltre, grazie all’integrazione delle tecnologie digitali e al monitoraggio in tempo reale, sarà possibile anticipare eventuali criticità e adattare rapidamente l’assistenza, rendendola più efficace e proattiva. Infine, un approccio integrato che combina competenze cliniche, supporto emotivo e strumenti educativi sarà fondamentale per garantire continuità terapeutica, migliorare la qualità della vita e promuovere l’autonomia del paziente.