Giada Mancuso
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
La prima insulina settimanale al mondo è il risultato di un’attività di ricerca e sviluppo unica condotta da Novo Nordisk, azienda da sempre impegnata nel migliorare la qualità di vita delle persone affette da patologie croniche. Questa storica innovazione nella cura del diabete, a oltre un secolo dall’arrivo dell’insulina in Europa, rappresenta un punto di svolta per chi soffre di questa malattia che da oggi vedrà ridurre il numero di iniezioni a cui sottoporsi, che passeranno da 365 a sole 52 all’anno. La portata, senza precedenti, di questa innovazione ha fatto sì che durante tutte le fasi del processo approvativo da EMA sino ad AIFA, istituzioni, associazioni pazienti e società scientifiche si siano mobilitate per permettere all’Italia di prioritizzare l’accesso a questa terapia ed essere quindi la prima nazione a poterla erogare a carico del SSN.
Potrebbe descriverlo brevemente?
Grazie ad un ampio lavoro di studi clinici condotti, con questa innovazione è stato possibile raggiungere dei risultati notevoli. I dati raccolti confermano che oltre il 90% di medici e pazienti vorrebbe evitare iniezioni giornaliere di insulina. Un utilizzo settimanale, infatti, oltre a migliorare l’aderenza del 35% permette anche una notevole riduzione dei casi di sospensione di trattamento (-20% secondo gli studi), tutto ciò in un’area dove il ritardo nell’avvio della terapia espone a un rischio aumentato di complicanze gravi: infarto (+67%), insufficienza cardiaca (+64%), ictus (+51%), nefropatia (+18%), neuropatia (+8%) e retinopatia (+7%).
Che risultati avete o volete raggiungere?
Il risultato più significativo è stato ottenuto dall’Italia come sistema Paese che, grazie alla collaborazione di tutti gli stakeholder, istituzioni, associazioni e clinici in ogni fase approvativa, dall’EMA all’AIFA, ha permesso ai pazienti italiani di accedere per primi a questa innovazione. Grazie a questo lavoro congiunto e sinergico, l’Italia, può ora considerarsi a tutti gli effetti pioniera nell’accesso a questa cura innovativa del diabete, avendo completato, per prima in Europa, il processo di approvazione e quindi garantendo ai pazienti l’accesso alla terapia.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
Le attività di ricerca e sviluppo in questo campo continuano con l’obiettivo di creare soluzioni che possano migliorare sempre di più la qualità della vita delle persone con diabete. Si tratta di una sfida complessa, poiché il diabete richiede un approccio integrato e multidisciplinare, data la molteplicità delle implicazioni che questa condizione comporta. Inoltre, è fondamentale sottolineare che in Italia si stima che circa un milione di persone conviva con il diabete senza aver ricevuto ancora una diagnosi. Questo ci spinge a lavorare su strategie che favoriscano diagnosi precoci e trattamenti tempestivi, prevenendo così complicanze gravi come quelle a livello cardiovascolare. Infine, non meno importante, è l’aspetto dell’aderenza terapeutica, che rappresenta uno degli elementi chiave per una gestione efficace del diabete e per garantire al paziente il miglior percorso di cura possibile.
Quali ritiene siano gli unmet needs di questa area terapeutica?
Il diabete rappresenta un modello emblematico nel contesto delle malattie croniche. Esso integra l’importanza dell’aderenza terapeutica, che ottimizza l’efficacia del trattamento, con la necessità di una corretta gestione del paziente, mirata a migliorare la sua qualità di vita. In questo modo, si coniugano sicurezza ed efficacia della cura con la libertà di pianificare e gestire la propria vita. Questo è particolarmente significativo per i circa 1,3 milioni di persone in Italia che fanno uso della terapia insulinica.