#lsea2025

Pensaci. Per non dimenticarlo

Benedetta Bitozzi

“Pensaci. Per non dimenticarlo” è una campagna di sensibilizzazione sull’Alzheimer che unisce dimensione emotiva e scientifica per favorire la diagnosi precoce, aumentare la consapevolezza dei primi sintomi e ridurre lo stigma sociale legato alla malattia. A realizzarlo è Eli Lilly Italia e noi ne abbiamo parlato con Benedetta Bitozzi, Associate Director Communication, Advocacy & Policy. Parte del team anche Federico Villa, Chiara Gizzi, Tiziana Lansione e Vanessa Del Gaudio.

Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’idea nasce dalla volontà di Eli Lilly Italia di ribadire e rendere concreto il proprio impegno di lungo periodo nella ricerca e nella sensibilizzazione sulla malattia di Alzheimer. Dopo oltre 35 anni di investimenti e ricerca, Lilly ha voluto affiancare alla dimensione scientifica una campagna di comunicazione rivolta al grande pubblico, con l’obiettivo di modificare la narrazione corrente della malattia, aumentare la consapevolezza dei primi sintomi e promuovere la diagnosi precoce. La campagna si rivolge principalmente alle famiglie, ai caregiver, alle persone a rischio e alla società civile, con l’obiettivo di raggiungere quante più persone possibile attraverso un ecosistema di canali digitali e social. 

Potrebbe descriverlo brevemente?
“Pensaci. Per non dimenticarlo” è una campagna di sensibilizzazione lanciata in occasione del mese dell’Alzheimer, con il patrocinio di AIMA, SIN e SINDEM. Al centro c’è un video che unisce un piano emozionale, attraverso la lettura di brani di Elegia per Iris interpretati da Luca Ward, e un piano scientifico, con gli interventi di esperti clinici e rappresentanti delle associazioni pazienti. I contenuti sono stati concepiti in modo modulare, per essere distribuiti in diversi formati su canali digitali, social e attraverso attività di media relation, così da massimizzare la copertura e il coinvolgimento del pubblico. 

Che risultati avete o volete raggiungere?
L’obiettivo principale è stimolare una maggiore consapevolezza nella popolazione generale, aiutando le persone a riconoscere i primi segni della malattia e a rivolgersi tempestivamente a uno specialista. Questo può favorire diagnosi più precoci, interventi terapeutici tempestivi e una migliore qualità di vita per i pazienti e le famiglie. A livello sociale, l’intento è contribuire a ridurre lo stigma e a promuovere una narrazione più costruttiva della malattia, creando al contempo le condizioni per un sistema sanitario più preparato a intercettare l’Alzheimer nelle fasi iniziali. 

Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
Serve continuare a rafforzare la cultura della diagnosi precoce e la formazione degli operatori sanitari, oltre che ampliare la capacità del sistema di salute di rispondere alla crescente domanda di servizi legati alle demenze. È necessario investire in percorsi di presa in carico multidisciplinare, rafforzare il supporto alle famiglie e ai caregiver, e proseguire con attività di sensibilizzazione che contribuiscano a ridurre stigma e isolamento sociale. Sul piano della ricerca, è fondamentale continuare a innovare nelle terapie e negli strumenti diagnostici. 

Qual è l’aspetto principale della Media Communication Campaign che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Nei prossimi anni sarà cruciale la capacità di integrare la dimensione emotiva con quella scientifica, per ingaggiare le persone in modo autentico e al tempo stesso trasferire informazioni corrette e utili. La comunicazione dovrà essere sempre più multicanale, modulare e personalizzata, in grado di raggiungere target diversi (famiglie, caregiver, pazienti, opinione pubblica) e di contrastare la disinformazione. In particolare, l’uso dei canali digitali e social sarà fondamentale per favorire una diffusione capillare e immediata dei messaggi, contribuendo a creare una comunità più informata e consapevole. 



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