Simona Dinicola
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’idea nasce dal desiderio di dare finalmente alla PCOS la centralità che merita, portandola nel cuore delle istituzioni italiane a 90 anni dalla sua prima definizione clinica da parte di Stein e Leventhal. Ci siamo chiesti: com’è possibile che una sindrome tanto diffusa sia ancora così poco conosciuta e spesso mal diagnosticata? Il progetto si rivolge a specialisti, decisori pubblici, società scientifiche e – soprattutto – alle donne che convivono con questa condizione. È a loro che abbiamo voluto restituire voce e spazio.
Potrebbe descriverlo brevemente?
“Il Tango della PCOS” è stato un evento istituzionale e scientifico di grande rilievo, tenutosi il 18 febbraio 2025 nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica. Attraverso una tavola rotonda multidisciplinare, abbiamo coinvolto ginecologi, endocrinologi, dermatologi, cardiologi, rappresentanti delle istituzioni e, per la prima volta in modo strutturato, anche le pazienti. Le donne della community Noi PCOS hanno avuto un ruolo attivo nel dialogo, portando testimonianze, domande e proposte. L’evento ha unito rigore scientifico, confronto politico e vissuto personale, in un equilibrio dinamico proprio come in un tango.
Che risultati avete o volete raggiungere?
Il risultato più importante è stato l’avvio di un dialogo concreto tra istituzioni, comunità scientifica e pazienti. L’evento ha avuto un’eco significativa: oltre 200 uscite stampa, 17.000 visualizzazioni delle stories pre-evento, 3.600 visualizzazioni del video post evento e una partecipazione in presenza e in streaming molto attiva. Ma soprattutto ha consolidato il ruolo dell’Associazione scientifica EGOI-PCOS come promotore di conoscenza e innovazione e ha mostrato quanto valore aggiunto possa offrire la voce delle pazienti nella ridefinizione dei percorsi terapeutici, e per questo abbiamo dato il nostro contributo attivo non condizionato.
Ci auguriamo che questo sia solo l’inizio di un cambiamento sistemico.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
C’è ancora tantissimo da fare. A partire dal riconoscimento ufficiale della PCOS come sindrome endocrino-metabolica, fino all’adozione di percorsi diagnostici e terapeutici realmente personalizzati. Serve più formazione per i medici, maggiore attenzione alla dimensione psicologica e un coinvolgimento costante delle pazienti nei tavoli decisionali.
Solo un approccio integrato, multidisciplinare e realmente partecipativo può garantire un cambio di passo duraturo. E ovviamente, serve una risposta da parte delle istituzioni.
Qual è l’aspetto principale dell’Institutional & Patient Event che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
L’aspetto cruciale sarà la capacità di creare ponti strutturati tra mondo scientifico, istituzioni e cittadini. Eventi come questo dimostrano che è possibile farlo: dando spazio ai vissuti, traducendo i dati in esperienze concrete e favorendo un confronto orizzontale tra tutte le parti. Nei prossimi anni, la vera innovazione sarà misurata non solo in termini di contenuti, ma di partecipazione. Perché una sanità davvero inclusiva nasce anche – e soprattutto – dall’ascolto.