Simona Comparoni
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
L’introduzione della raccomandazione per la vaccinazione anti-Herpes zoster (RZV) per i soggetti immunocompromessi nel Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale è avvenuta a seguito della disponibilità in Italia del vaccino RZV, il primo e unico vaccino utilizzabile per proteggere i soggetti immunocompromessi, tra cui i pazienti oncologici. Questi ultimi, a causa delle loro condizioni cliniche e delle terapie a cui sono sottoposti, presentano un alto rischio di sviluppare la malattia. Inoltre, l’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) ha pubblicato raccomandazioni specifiche per la vaccinazione dei pazienti oncologici. Essendo questa una novità assoluta, i percorsi vaccinali per i pazienti oncologici non erano ancora definiti. Era quindi necessario comprendere come integrare l’offerta del vaccino nei percorsi di cura dei pazienti, in modo che questi potessero usufruire del supporto organizzativo e operativo degli oncologi all’interno delle strutture ospedaliere.
Potrebbe descriverlo brevemente?
Il progetto si è sviluppato in quattro fasi:
Che risultati avete o volete raggiungere?
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
Continuare a informare gli oncologi del rischio aumentato che i loro pazienti hanno di sviluppare l’Herpes zoster e dell’esistenza di un vaccino che li può proteggere. È altresì importante che ci sia sempre un allineamento tra specialisti ospedalieri e igiene territoriale perché l’offerta della vaccinazione si concretizzi in percorsi vaccinali facilitati e che diventino parte integrante della presa in carico complessiva del paziente oncologico, anche in termini di prevenzione vaccinale.
Qual è l’aspetto principale del Scientific Collaboration Program che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Trasferire il progetto “Carpe diem” come esempio virtuoso di partnership con istituti di eccellenza del nostro Paese, in tema di miglioramento di obiettivi di salute pubblica e di prevenzione del rischio di ammalarsi di una grave patologia, poco conosciuta ed ampiamente sottostimata, soprattutto nei pazienti fragili.