#lsea2025
The Impact and Burden of Chronic Rhinosinusitis with NasalPolyps on Patients and Their Family Caregiver
Filippo Cipriani
Giovanna Sala
Giovanna Sala
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
La rinosinusite cronica con poliposi nasale (CRSwNP) causa difficoltà respiratorie e perdita dell’olfatto. Il suo impatto è sottostimato per la mancanza di dati sulla qualità del sonno e produttività. Il progetto nasce per colmare queste lacune, quantificando il burden sui pazienti e familiari conviventi. L’inclusione dei caregiver deriva dalla consapevolezza che le malattie croniche influenzano anche chi convive col paziente. Questa visione olistica è essenziale per sviluppare interventi efficaci che migliorino la gestione della patologia e la qualità di vita di tutti.
Potrebbe descriverlo brevemente?
Lo studio ha evidenziato un significativo impatto della CRSwNP sulla vita quotidiana. Un questionario online è stato inviato oltre 4000 soggetti selezionati casualmente da un database rappresentativo della popolazione italiana così da analizzare le risposte di200 pazienti adulti con CRSwNP (83.5% con malattia severa e ritardo diagnostico medio di 7.2 anni), 50 conviventi/caregiver e 100 controlli. L’impatto principale riguarda la qualità del sonno: 72 giorni/anno di sonno disturbato per i pazienti e 52 per i caregiver, con conseguente sonnolenza diurna (48 e 40 giorni/anno). In ambito lavorativo, ogni paziente ha riportato 50 giorni/anno tra presenteismo e assenteismo. La CRSwNP provoca più frequentemente sentimenti negativi e meno sentimenti positivi rispetto ai controlli. Due terzi dei pazienti riferiscono difficoltà quotidiane e il 39.5% si è sentito in pericolo per l’incapacità di riconoscere odori. Complessivamente, la CRSwNP ha mostrato di essere non solo una patologia individuale ma una “malattia di coppia”, con un impatto significativo anche sulla vita familiare.
Che risultati avete o volete raggiungere?
I risultati dello studio indicano un impatto significativo nella vita di coppia. Sono stati pubblicati a febbraio sulla rivista HEALTHCARE e ci spingono a perseguire diversi obiettivi chiave. Innanzitutto, aiuteranno a sensibilizzare sull’importanza di ridurre significativamente il considerevole ritardo diagnostico, a sottolineare l’importanza di migliorare la qualità di vita affrontando i disturbi del sonno, problema cruciale sia per pazienti e caregiver, e di ridurre l’impatto sulla produttività lavorativa. Fondamentale sarà prendere consapevolezza dell’impatto della CRSwNP su paziente e partner, aspetto che speriamo porterà ad interventi mirati. Pensiamo ora a come discuterli in ambito istituzionale per trovare soluzioni di politica sanitaria per sviluppare strategie sostenibili che migliorino la gestione di questa patologia complessa e fino ad ora sottostimata.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
Per essere realmente efficaci la disease awareness e la patient advocacy devono partire dalla raccolta di dati di real world, dalla loro discussione e diffusione sia in contesti sia specialistici che laici. Occorre collaborare con le Associazioni – Respiriamo Insieme APS e Federasma e Allergie hanno dato un contributo essenziale a questo progetto – e includere gli spunti dei professionisti sanitari e delle loro Società Scientifiche. Abbiamo già utilizzato questo approccio con successo, in Dermatite Atopica e Asma, patologie caratterizzate dal coinvolgimento della infiammazione di tipo 2. In sanità occorre sempre più rigore metodologico e spirito collaborativo per poter prendere decisioni informate ed attuabili.
Qual è l’aspetto principale del Scientific Collaboration Program che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Questo progetto rappresenta la più recente collaborazione tra il team Public Affairs e quello della Direzione Medica che hanno lavorato con competenza e passione per il benessere dei pazienti. È doveroso anche un ringraziamento ai nostri colleghi del team internazionale. Crediamo nella costruzione di attività ambiziose grazie al contributo specializzato di diverse funzioni in quanto la pluralità di punti di vista produce analisi ed esiti migliori, analogamente alla multidisciplinarità nella presa in carico dei pazienti. Pertanto, la collaborazione cross-funzionale è stata la chiave di successo di questo e di altri progetti di collaborazione scientifica e lo sarà sempre di più negli anni a venire.