Cronoterapia nel trattamento della depressione. Intervista a Francesco Benedetti

Di recente, i ricercatori del King’s College London hanno condotto uno studio che conferma l’efficacia della deprivazione del sonno nel trattamento della depressione. I partecipanti alla sperimentazione non hanno dormito per 36 ore e poi per quattro giorni sono andati a letto alle 17 per svegliarsi all’una del mattino. L’intervento sull’orologio biologico ha portato un beneficio rapido – entro una settimana – e la risposta, ottenuta in un terzo dei soggetti, è durata fino a 26 settimane. I risultati sono stati ottenuti senza l’uso di psicofarmaci e in un contesto ambulatoriale.

La tecnica di deprivazione del sonno utilizzata dagli scienziati è una variante della cosiddetta cronoterapia, un trattamento studiato fin dagli anni ’70 e usato correntemente dagli specialisti del San Raffaele di Milano per il trattamento delle fasi depressive del disturbo bipolare, come racconta a Popular Science Francesco Benedetti, Professore associato di Psichiatria presso la Libera Università Vita-Salute San Raffaele.

“Per cronoterapia si intende l’agire su stimoli ambientali che regolano l’orologio biologico allo scopo di ottenere risultati terapeutici nelle malattie psichiatriche”, spiega. “Il primo caso di risposta della depressione alla deprivazione di sonno risale al 1959, i primi studi sperimentali invece sono stati condotti nel 1972”.

I medici del San Raffaele – continua Benedetti – mettono a punto protocolli di cronoterapia dagli anni ’90, testando combinazioni di tecniche con una certa efficacia terapeutica che, combinate insieme, “possono produrre risultati sostanziali e duraturi nel tempo”. E spiega: “i pazienti vengono trattati in ospedale per circa una settimana. La nostra procedura consiste nel sottoporli a tre notti di deprivazione completa di sonno, intervallate da notti in cui possono dormire quanto vogliono”. La cronoterapia viene associata alla terapia della luce, quindi alla somministrazione di luce bianca, brillante (a 10.000 lux), che riproduce la luce dell’alba e viene somministrata per circa mezz’ora al mattino. I pazienti assumono anche sali di litio, farmaco elettivo nel trattamento del disturbo bipolare.

“Queste tre cose insieme consentono di ottenere un’efficacia terapeutica in più del 50% delle persone che trattiamo. Abbiamo notato come la depressione bipolare sia particolarmente sensibile a questo tipo di tecniche, con tassi di risposta del 60, 70% in una settimana, senza somministrare antidepressivi”.

Benedetti conosce il laboratorio di David Veale, primo autore dello studio inglese pubblicato dalla rivista BJPsych Open, dove è stato anni fa per trasferire le sue conoscenze sulla cronoterapia. “L’articolo appena pubblicato usa una variante della deprivazione totale di sonno che è l’avanzamento della fase di sonno dopo le 36 ore di veglia, e anche questo ha un effetto antidepressivo. La novità che hanno introdotto”, aggiunge, “sta nel dimostrare che la tecnica può funzionare anche se i pazienti sono a casa e senza fare uso di altri trattamenti”.

Non sono in molti ad usare la cronoterapia, in Italia il trattamento viene somministrato regolarmente solo dagli psichiatri del San Raffaele. Eppure, dichiara lo psichiatra, funziona. “Le terapie farmacologiche hanno tempi di latenza lunghi, in genere solo il 30% dei pazienti risponde al primo antidepressivo assunto, con il secondo farmaco si aggiunge un altro 10-15%, fino ad arrivare a un’efficacia per il 60-70% dei pazienti circa. Nel frattempo però trascorrono diversi mesi, nel corso dei quali i pazienti soffrono”.

La cronoterapia, spiega Benedetti, agisce sugli stessi neurotrasmettitori e recettori su cui intervengono i farmaci depressivi. Può sembrare sorprendente, ma la deprivazione di sonno aumenta di molto la neurotrasmissione della serotonina (l’ormone del buonumore), della noradrenalina (bassi livelli di questo ormone sono correlati a depressione e carenza di energie e motivazione) e della dopamina (l’ormone dell’euforia).

A questo effetto corrisponde un aumento dell’attività di circuiti cortico-limbici, quei percorsi nervosi che collegano la corteccia e il sistema libico e che permettono il controllo delle emozioni. “Stiamo lavorando proprio ora ad un articolo che mostra come la deprivazione di sonno abbia anche un effetto sulla trasmissione del glutammato, il principale neurotrasmettitore della corteccia cerebrale, riducendo l’attività dei recettori NMDA implicati nella depressione”.

Nei pazienti depressi si osserva anche una disruption dei ritmi circadiani. E qui entra in gioco la luce, che viene somministrata ogni mattina. “La luce ha la funzione di stimolo sincronizzatore che induce una nuova oscillazione omeostatica. La terapia della luce è addirittura più efficace dei farmaci nei pazienti affetti da depressione stagionale, in caso di depressione non stagionale l’efficacia è pari a quella degli antidepressivi”.

Uno studio pubblicato su Cell, dei ricercatori della Johns Hopkins University, risalente al 2018, ha anche dimostrato per la prima volta che le cellule della retina sensibili alla luce comunicano direttamente con una regione del cervello (appartenente al sistema limbico), che regola l’umore. A conferma dell’importanza che la luce può avere sulla depressione.

Bibliografia:

Veale, D., Serfaty, M., Humpston, C., Papageorgiou, A., Markham, S., Hodsoll, J., & Young, A. (2021). Out-patient triple chronotherapy for the rapid treatment and maintenance of response in depression: Feasibility and pilot randomised controlled trial. BJPsych Open, 7(6), E220. doi:10.1192/bjo.2021.1044

Fernandez DC, Fogerson PM, Lazzerini Ospri L, Thomsen MB, Layne RM, Severin D, Zhan J, Singer JH, Kirkwood A, Zhao H, Berson DM, Hattar S. Light Affects Mood and Learning through Distinct Retina-Brain Pathways. Cell. 2018 Sep 20;175(1):71-84.e18. doi: 10.1016/j.cell.2018.08.004.

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