I pazienti con forme meno gravi di disordine bipolare di tipo I traggono meno beneficio dall’olanzapina rispetto a quelli con forme più gravi della malattia, ma entrambi i gruppi vanno incontro agli stessi effetti collaterali e pertanto nelle forme meno gravi è opportuno prestare maggiore attenzione iniziando la terapia a basse dosi, ma tenendo anche conto degli effetti antipsicotici profilattici a lungo termine, come affermato da Myrto Samara della Technical University di Monaco di Baviera, autore della meta-analisi di 33 studi.
Medici e pazienti dunque devono considerare con attenzione il rapporto rischio/beneficio dell’olanzapina, nonché il suo effetto preventivo contro le recidive a lungo termine. Secondo alcuni esperti, l’approccio individualizzato proposto nel presente studio andrebbe esteso ad altri farmaci anti-maniacali, determinando il profilo farmacologico in base alla gravità del disturbo.
La ricerca inoltre dovrebbe osservare il mondo reale anziché i partecipanti agli studi clinici, in modo da favorire la generalizzabilità delle conclusioni. Il presente studio inoltre dovrebbe informare le linee guida per la gestione dei disturbi dell’umore, e così facendo garantire che il trattamento venga adattato al profilo dei sintomi, alla gravità della malattia ed alla fase della gestione. (Lancet Psychiatry online 2017, pubblicato il 29/9)